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Palazzo di Propaganda Fide

Palazzo di Propaganda Fide
Palazzo di Propaganda Fide

Periodo Barocco
Il gran collegio di Propaganda Fide cominciato da Gregorio XV fu proseguito da Urbano VIII col disegno del Bernini nella parte, che guarda piazza di Spagna, e perfezionato da Alessandro VII che prese tutta l'isola, e ne fu architetto il Borromini, che fece la bella chiesa, e la facciata avanti ad essa. La chiesa è dedicata ai ss. tre Magi, e nella prima cappella a mano destra è dipinta la Conversione di s. Paolo da Carlo Pellegrini da Carrara, col disegno del Bernini.
Nella seconda s. Carlo, e s. Filippo Neri son di Carlo Cesi: nell'altar maggiore l'Adorazione dei Magi è di Giacinto Gimignani; e di sopra, ove nostro Signore dà le chiavi a s. Pietro, dipinse Lazzaro Baldi.
Dall'altra parte il Crocifisso con altri Santi fu colorito dal detto Gimignani: il quadro ultimo degli Apostoli con le reti è copia dal Vasari: li stucchi sopra l'altar maggiore sono del Fancelli; e la cappelletta su nel collegio è dipinta ad affresco da Gio. Ventura Borghesi.
Gli oranti delle cappelle, e dei quadri della medesima chiesa, già lasciati imperfetti dal cav. Borromini, furono terminati con la direzione, ed assistenza del cav. Francesco Fontana. Vi è una la libereria, e una stamperia stupenda, ricca d'eccellenti caratteri d'ogni lingua più barbara, avendo Clemente XI ottenuta dal Granduca Cosimo III la famosa stamperia Medicea, e fattala da Firenze trasportar quì.

Stradario Romano - Blasi

La chiesa dei Re Magi

Nel 1646 Borromini fu nominato architetto del Collegio di Propaganda Fide3. Ma solamente nel 1662 la chiesa dietro la facciata ovest del palazzo fu in corso di costruzione. Due anni dopo era finita, tranne la decorazione34. Dapprima Borromini progettò di conservare la chiesa ovale costruita dal Bernini nel 1634. Quando fu deciso d’ingrandirla egli preferí il tipo di locale semplice, analogo a Santa Maria dei Sette Dolori e l’ancora precedente Oratorio di San Filippo Neri. Ma i cambiamenti nel progetto sono ugualmente illuminanti. La fila di finestre nella navata di Santa Maria dei Sette Dolori era simile a quella dell’Oratorio. Invece, la chiesa della Propaganda Fide rappresenta una radicale revisione di quelle piú antiche strutture. L’articolazione consiste qui in un ordine grande e piccolo derivato dai palazzi capitolini. I grandi pilastri accentuano la divisione del perimetro della chiesa in intercolunni alternati larghi e stretti, mentre il cornicione dell’ordine grande e la trabeazione dell’ordine piccolo su cui poggiano le finestre fungono da elementi unificatori dell’intero spazio orizzontale. A differenza di Santa Maria dei Sette Dolori, il verticalismo dell’ordine grande è continuato mediante i pezzi isolati della trabeazione nella volta ad arco ed è ripreso dai costoloni che collegano i centri delle pareti lunghe con i quattro angoli diagonalmente attraverso il soffitto. Cosí un sistema ininterrotto lega insieme tutte le parti dell’edificio in tutte le direzioni. Il coerente «scheletro»-struttura è diventato della massima importanza – non rimane quasi niente muro fra gli alti pilastri! – e gli è stata sacrificata persino la cupola. Il progetto ovale, che avrebbe richiesto una cupola, non avrebbe potuto contenere un simile sistema. Nessuna costruzione postrinascimentale in Italia si è avvicinata tanto ai principî strutturali gotici. Per trent’anni Borromini era andato a tastoni in questa direzione. La chiesa della Propaganda Fide fu, veramente, una soluzione nuova e stimolante e la sua stringente semplicità e logica conclude adeguatamente l’attività di Borromini nel campo dell’architettura ecclesiastica.

Il Collegio di Propaganda Fide.

L’ultimo grande palazzo del Borromini che supera ogni altro suo edificio di questo tipo, a eccezione del Convento degli Oratoriani, fu il Collegio di Propaganda Fide. La sua attività per i gesuiti si estese per ben ventun anni, dalla sua nomina ad architetto nel 1646 alla sua morte nel 1667. A quel tempo i gesuiti erano all’apice della loro potenza e un centro adeguato all’importanza mondiale dell’ordine era un’urgente necessità. Essi possedevano la vasta area fra Via Capo le Case, Via Due Macelli e Piazza di Spagna che, per quanto sufficientemente grande per il loro fabbisogno, era cosí mal tagliata che nessuna regolare sistemazione architettonica era possibile. Inoltre, vi si trovavano già alcune costruzioni assai recenti, fra di esse il rifacimento del Bernini della vecchia facciata che dà su Piazza di Spagna e la chiesa ovale dello stesso che fu comunque, come abbiamo visto, sostituita dal Borromini. Già fin dal 7 maggio 1647, Borromini presentò un piano di sviluppo per tutta l’area, ma non accadde nulla nei tredici anni successivi. È noto che Borromini diede alla facciata principale di fronte alla chiesa la sua forma definitiva nel 1662 e le altre facciate molto piú semplici mostrano anch’esse caratteristiche della sua ultima maniera. L’esecuzione della maggior parte del palazzo pare perciò aver avuto luogo nei suoi ultimi anni di vita. Parte del palazzo fu riservata per scopi amministrativi; un’altra gran parte conteneva le celle per gli alunni. Ma molto poco rimane della sistemazione interna e delle decorazioni del Borromini; in effetti, a parte la chiesa, solo una stanza originale pare sia stata conservata. Di gran lunga le piú importanti sono le facciate. La parte piú elaborata sorge nella stretta Via di Propaganda dove il suo peso opprimente produce un effetto quasi di incubo. Il problema del Borromini qui era simile a quello dell’oratorio, perché la facciata doveva servire a due scopi: la chiesa e il palazzo. Ancora una volta l’asse lunga della chiesa è parallela alla strada e si estende al di là della parte della facciata fittamente decorata, ma a differenza dall’oratorio, questa facciata ha il carattere ben definito e completamente insolito di un palazzo. I suoi sette settori sono articolati mediante un ordine gigantesco di pilastri che si ergono da terra fino al cornicione nettamente aggettante. Tutto qui è fuori della norma: i capitelli sono ridotti a poche scanalature parallele, il cornicione è senza fregio e le coppie di mensole sporgenti sopra i capitelli sembrano appartenere a questi ultimi piuttosto che al cornicione. Il settore centrale rientra sopra una pianta segmentata e il contrasto fra le linee rette della facciata e la curva verso l’interno è sorprendente e allarmante. Non meno stupefacente è la sovrapposizione dell’austero piano inferiore e del piano nobile con la decorazione delle finestre estremamente ricca. Le finestre salgono senza transizione dal corso retto vigorosamente tracciato e sembrano compresse nello stretto spazio fra i pilastri giganti.È qui che si rivela una vita attiva nel muro stesso. Tutte le cornici delle finestre si incurvano verso l’interno, a eccezione di quella centrale, la quale, essendo convessa, capovolge la forma concava di tutto il settore. Il movimento delle cornici delle finestre non è dettato semplicemente da un desiderio di varietà pittoresca, ma è costituito come una fuga, con tema, risposta e variazioni. Il tema è dato nella porta e nei frontoni delle finestre del settore centrale; le finestre del primo, terzo, quinto e settimo settore, identiche, sono variazioni del motivo della porta, mentre la seconda e sesta finestra, identiche, corrispondono alla finestra centrale, anche spazialmente. Nelle finestre dell’attico sopra il cornicione50 il tema del piano nobile è ripetuto in un’altra chiave: la prima, terza, quinta e settima finestra sono varianti piú semplici della seconda e sesta sottostanti, e le finestre nei settori pari dell’attico sono varianti di quelle nei settori dispari sottostanti. Infine, nel frontone ondulato della quarta finestra dell’attico i due diversi movimenti si conciliano. Con questi mezzi Borromini creò una facciata di palazzo che non ha né precedenti né epigoni. Nelle facciate sudoccidentale e meridionale solo la sistemazione del pianterreno e la divisione dei piani fu continuata, il che assicurò l’unità dell’intero disegno. D’altra parte Borromini contrappose a queste facciate la facciata principale intensamente articolata. Non c’è divisione in settori mediante ordini; né vi sono finestre decorate. Ma la loro sequenza è interrotta a intervalli regolari da forti accentuazioni verticali. In questi punti Borromini uní la finestra principale e quella dell’ammezzato del piano nobile sotto un’unica grande cornice, creando cosí una finestra che attraversa l’intera altezza del piano. Il frontone angolare arditamente aggettante sembra dividere il corso retto del piano successivo, dove la cornice della finestra con il frontone dolce mente incurvato e la rientranza concava mostra una caratteristica inversione di tendenza. Un confronto delle facciate dell’Oratorio e del Collegio, illustra il profondo cambiamento fra il primo e l’ultimo stile del Borromini. È sparita la grande massa di dettagli, sparite le sottili gradazioni della superficie del muro e le modanature e il quasi gioioso spiegamento di una grande varietà di motivi. Tuttavia, l’impressione di massa e peso è cresciuta immensamente; le finestre ora sembrano sprofondare nello spessore del muro. Eppure il trattamento di base non differisce affatto. Per riassumere le ricerche che Borromini condusse durante tutta la vita, si può dire che egli non si stancò mai di tentare di modellare spazio e massa mediante l’evoluzione e la trasformazione di motivi chiave. Egli subordinò ogni struttura fin nei minimi dettagli a un concetto geometrico dominante, che lo allontanò dal metodo rinascimentale di progettare in termini di massa e moduli spostando l’accento sullo «scheletro» fondamentale dal punto di vista funzionale dinamico e ritmico. Ciò lo avvicinò ai principî strutturali dello stile gotico e gli consenti, allo stesso tempo, di inserire nella sua opera ciò che serviva ai suoi scopi: tratti manieristici del recente passato; molte idee dell’architettura di Michelangelo e di quella ellenistica, ambedue egualmente da lui ammirate, e persino elementi rigorosamente classici che trovò nel Palladio. Essendo italiano, Borromini non poteva rinnegare del tutto le basi antropomorfiche dell’architettura. Ciò divenne sempre piú evidente con il passare degli anni dall’insistenza con cui cercava di fondere architettura e scultura. Ciononostante, l’antagonismo fra lui e il Bernini rimase incolmabile. Negli ambienti vicini a Bernini gli si rimproverò di aver distrutto le convenzioni accettate della buona architettura.

Rudolf Wittkower - Arte e architettura in Italia. 1600-1750

Palazzo di Propaganda Fide

Forma un vasto rettangolo fra le vie Due Macelli e via di Propaganda, Piazza di Spagna e via della Mercede. Fu cominciato ad erigere per la propagazione della fede da Gregorio XV Ludovisi (1621-23) con disegni del Bernini, che si attenne ad un carattere severo quale lo richiedeva l'essenza del palazzo, e poi terminato da Urbano VIII Barberini (1623-44) con l'opera del Borromini a cui si deve la barocca facciata sulla via di Propaganda, il disordine del finestrato e tutta la stramba decorazione che si ripete su ogni porta. Sulla facciata v'è una gran targa commemorativa il luogo ove si accolgono i giovani nati in contrade ove sono non cristiani, perchè vi compiano la loro educazione civile e religiosa e tornino poi ai loro paesi a propagarvi la religione come missionari. L'annessa biblioteca contiene molti libri e codici orientali e pergamene cofte. Il palazzo contiene il Museo Borgiano, interessante per monumenti geografici, tra cui la celebre tavola borgiana, mappamondo del secolo XIII e molti oggetti e collezioni etnografiche, e una tipografia, ricca di caratteri orientali.

Nel 1627 Urbano VIII volle proseguire il palazzo di Propaganda Fide in Piazza di Spagna, incominciato da Gregorio XV, con l' opera di Gian Lorenzo Bernini. In seguito accanto a codesto palazzo, il Bernini fabbricò la sua casa. È quella che gH eredi suoi ancora oggi conservano e che hanno fatto recentemente restaurare. L'opera del nostro artefice nel palazzo di Propaganda si limitò alla semplice e bellissima facciata a scarpa, suUa piazza di Spagna, e ad luia scala interna a chiocciola girata di marmo, in modo sorprendente. Il portone è circondato di bugne eleganti con ima imitazione di quello del palazzo Farnese, e vi sono due mensole che sostengono la cornice a timpano, composte pure di bugne combinate in modo nuovo e originale. Nel timpano è una graziosa testina d'angiolo alata. Ai lati della porta sono altre finestre ora munite d'inferriate con mensole ne' davanzali, condotte su lo stile del Rinascimento, e sopra v' è una larga lapide, centinata in basso e sormontata dallo stemma enorme del papa Barberini, in cui si legge :

OLLEGIVM VRBANVM DE PROPAGANDA FIDE.

Lo stemma è grandiosamente fiancheggiato da due ornati festoni a fogliami e da vari cartocci, ed è sottilmente intagliato nelle chiavi e nel triregno enormi e nelle api araldiche. L'unità architettonica è sem^aHce e severa, come si conviene ad una fabhrica di simil genere, e qui il Bernini mostrò tutta la sua grandezza, senza i lenocinli decorativi, di cui abusò in appresso. Il palazzo sotto Innocenzo X, succeduto ad Urbano VIII, fu affidato al Borromini, acerbo nemico dell'artefice, al solo intento, io credo, di fargli dispetto. Il Borromini continuò infatti il gigantesco palazzo, come risulta da un codice della Corsiniana, in cui sono i pagamenti fattigli. Vi sparse tutte le stravaganze del suo spirito folle e irrequieto, specialmente nella chiesina annessa, dedicata alla Epifania del Signore, che sembra veramente il parto di una mente in delirio. Il nostro scultore si chiuse sdegnosamente in un filosofico silenzio, e per tutta risposta agli incitamenti del Borromini, che per dileggiarlo aveva messo in una mensola della sua fabbrica due orecchie d'asino, rispose eloquentemente collocando a mo' di mensola nel balconcino della propria abitazione, che è dirimpetto, iin priapo di marmo, il quale ho avuto agio di vedere in casa degli eredi, dove è conservato in memoria del fatto curioso.

All'astioso Borromini, Innocenzo X affidò tutte le maggiori costruzioni di il compimento del palazzo di Propaganda Fide, incominciato a restaurare dal Bernini, il restauro di S. Giovanni in Laterano, la chiesa di S. Agnese in piazza Navona. E ciò non ostante che l' artista stravagante non lo contentasse sempre ed anzi desse motivo a vari appunti per le sue stranezze arcliitettoniche. Infatti ho potuto rilevare dalle carte dell' opera di Propaganda che egli fu sul punto di venir licenziato, per certe sue gravi negligenze, dalla carica di architetto di quella costruzione (1), e così piu-e gli avvenne per la fabbrica della cliiesa di Sant' Agnese in Piazza Navona (2).

dal libro BERNINI di Stanislao Fraschetti - 1900

Palazzo di Propaganda Fide

Già nel collegio di propaganda Fide (1647-62), in una via stretta che costringe alla veduta d'infilata, accentua la forza delle membrature - lesene e cornicione - per concentrare la luce sulle complicate cornici ad edicola, concave e convesse, delle finestre incassate. Non è scenario, prospetto, diaframma tra interno ed esterno: è una parete che, soltanto alludendo al "contenuto" dell'edificio, assume un altissimo prestigio ideale per il modo con cui trasforma in luce spirituale, quasi d'emanazione divina, la luce naturale che la colpisce.

Argan - Storia dell'Arte Italiana

Palazzo di Propaganda Fide

Li presso la colonna sorge la facciata, per miracolo severa e tranquilla, che il Bernini fece al famoso collegio de propaganda fide. In quel gran palazzo è un piccolo mondo. Vi si istruiscono nelle scienze ecclesiastiche e nelle lingue orientali ed occidentali giovani provenienti dai più lontani paesi; quando istrutti si mandano a predicare la fede nelle regioni diverse a cui ciascuno può meglio acconciarsi. Le lingue d' Oriente vi sono con ispecial cura coltivate ; vi hanno perflno officine tipografiche apposite per istampare in quegli idiomi e con quei caratteri, libri sacri e trattati religiosi. Questo collegio è una creazione di Gregorio XV che lo fondò nel 1621; ma fa compito e perfezionato da Urbano VIII

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