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2 - Basilica di San Pietro

I capolavori del Bernini

La Basilica di San Pietro
La Basilica di San Pietro
Stampa antica della Basilica di San Pietro in Vaticano

Non si può, nel Bernini, disgiungere l'attività dello scultore da quella dell'architetto: sono complementari anche quando non si integrano nello stesso complesso. I lavori per San Pietro si succedono per più di quarant'anni senza un programma, ma con una coerenza perfetta: come un'idea che vada via via estendendosi, precisandosi. San Pietro è il monumento cristiano per eccellenza, il nucleo della civitas Dei-civitas hominum. La ricostruzione era durata più di un secolo; ora, con la facciata del Maderno (1612), poteva dirsi finita. Ma come? Tra il corpo centrale michelangiolesco e il corpo longitudinale maderniano non c'era raccordo; ed era difficile trovarlo perché i quattro enormi pilastri della cupola, intoccabili, formavano una strozzatura. Inoltre la navata era uno spazio nudo, senza forma.

Il Bernini parte dal centro, dal punto più sacro della chiesa: inventa il ciborio sotto la cupola; decora i quattro pilastri; passa a definire la prospettiva delle navate. Sistemato l'interno, si occupa dell'esterno: corregge la facciata maderniana ideando i due campanili laterali (fu costruito, ma presto abbattuto soltanto il sinistro) e, finalmente, costruisce il colonnato (1667).

Posto di fronte alla questione del ciborio, che altri aveva cercato di risolvere in termini architettonici, si rende conto che bisogna cercare in un'altra direzione. Un sacello, in quel punto, avrebbe interrotto la continuità prospettica dei quattro bracci della croce, ingombrato lo spazio vuoto sotto la cupola michelangiolesca; e una piccola architettura, nella grande, avrebbe ridotto la scala delle grandezze, abbassato il tono dello spettacolo architettonico proprio dove avrebbe dovuto raggiungere l'acme, nel punto più sacro. Capovolge i termini della questione: invece di un'architettura impiccolita progetta un "oggetto", un baldacchino processionale, ingrandito: come se una folla di fedeli in processione l'avesse portato fin là e là si fosse arrestata, alla tomba dell'Apostolo. Così, invece di un "calando", si avrà un "crescendo": una sorpresa, una scossa psicologica, un balzo dell'immaginazione. Ma non soltanto questo: le quattro aste del baldacchino, quattro poderose colonne bronzee ritorte, si avvitano nello spazio vuoto, lo mettono in vibrazione con il loro ritmo elicoidale e i riflessi del bronzo e dell'oro. È un fulcro che suggerisce una rotazione: alla centralità michelangiolesca, il Bernini ha sostituito una circolarità spaziale, un moto d'espansione, a spirale.

"La crociera di San Pietro è come un teatro circolare in cui la scena, anzi la macchina scenica (il baldacchino) si trova quasi al centro, e l'azione si svolge all'ingiro. Ma quel che conta non è la teatralità, ma l'azione in se stessa, in quanto compiuta allegoria della Passio Christi rappresentata simbolicamente attraverso i segni del martirio" (Fagiolo). Tra i vuoti prospettici dei quattro bracci si spingono innanzi le facce trasverse dei quattro pilastri, con due ordini di nicchie. In quelle in basso, più profonde, Bernini colloca quattro statue gigantesche; ne esegue una lui stesso, San Longino. In alto, oltre una balconata, sono le logge delle Reliquie, inquadrate da colonne tortili (quelle dell'antica pergula) che riprendono in circolo, come echi, il motivo delle colonne del baldacchino. La figura di Longino, con il suo gesto di attore declamante, è costruita in rapporto allo spazio del nicchione: con le braccia, come fossero ali, prende spazio, lo agita; il manto, senza alcun rapporto col corpo e col gesto, non è che una massa bianca affiorante, sconvolta da un turbine. Come negli Evangelisti della cupola del duomo di Parma: meglio del Barocci e di Annibale il Bernini ha capito che il Correggio è stato il primo a concepire l'arte come "scala" tra terra e cielo, anzi come forza trascinante e irresistibile e che lui, non Michelangiolo, è il punto di partenza di quello che si chiamerà il Barocco.

Il movimento è ritmo, non simmetria. Instaurato il principio di una spazialità in movimento, nulla impedisce di immaginare una rapida fuga prospettica: come quella, per esempio, che si vede nell'Eliodoro cacciato dal tempio, di Raffaello. Il Bernini non si limita a uniformare l'allineamento prospettico delle navate laterali graduando l'emergenza delle colonne addossate o incassate nei pilastri del corpo longitudinale; dando ad ogni campata una sorgente luminosa, trasforma l'ordinamento prospettico in un incalzante succedersi di ondate luminose. Come farà poi nella scala regia in Vaticano, sfruttando la gradinata come prospettiva accelerata e i ripiani come zone di luce intensa, che rompono l'ombra della volta a botte.

Le navate, con la loro corsa prospettico-luministica, raccordano lo spazio esterno, aperto, con la zona piena di luce alta e costante, quasi astratta, della crociera e della cupola. All'estremità opposta all'ingresso, quasi a suggerire un esito in cielo, collocherà (1657-66) la "macchina" della cattedra: un'immensa raggiera abbagliante, brulicante di angeli, che riversa nell'abside un fiume di luce dorata. Ed è un esempio sorprendente, ma all'origine ancora correggesco, di trasformazione di una struttura prospettica in struttura luministica.

Rientrano nella decorazione interna di San Pietro, aggiungendo personaggi allo spettacolo, le tombe monumentali dei papi (Urbano VIII, 1628-47; Alessandro VII, 1671-78), il monumento della Contessa Matilde (1633-37); le cappelle, tra cui quella del Sacramento, gli altari.

Stampa antica della Basilica di San Pietro in Vaticano

Le piante del Circo Neroniano e dell'antica e nuova Basilica di San Pietro

L'antica basilica aveva un quadriportico, il luogo dei catecumeni cioè dell'attesa. È, questo dello spazio esterno, il nuovo problema che si prospetta al Bernini. Prima di affrontarlo progetta i due campanili laterali alla facciata: progetto già del Maderno, che a sua volta l'aveva ripreso dal Bramante. Scopo: correggere la sproporzione della facciata troppo larga rispetto all'altezza, ridotta per lasciare in vista la cupola; inoltre, quei due montanti avrebbero inquadrato la cupola, facendola sembrare più vicina e collegandola alla facciata. Il Bernini, dunque, pensava già a riscattare la cupola michelangiolesca dalla condizione di sfondo e quasi d'orizzonte a cui la condannava il prolungamento della navata. Realizza questo proposito con il colonnato ellittico: che riprende la forma curva della cupola, la rovescia presentandola aperta come una coppa, la dilata trasformandola da rotonda in ellittica e suggerendo un'ulteriore espansione, a raggiera, con le prospettive delle quattro colonne allineate in profondità. Di tutte le invenzioni del Bernini, è la più geniale: non soltanto riscatta e mette in valore l'intero corpo della basilica, ma fa dell'antico quadriportico una grande piazza, l'anello che raccorda il monumento alla città (e, idealmente, a tutto il mondo cristiano: infatti è il luogo di raccolta e d'attesa dei pellegrini). È un'immagine allegorica (le braccia della Chiesa protese ad accogliere l'ecumene); ma è anche la prima architettura aperta, pienamente integrata allo spazio atmosferico e luminoso: la prima architettura urbanistica.

L'unità che il Bernini ha dato a San Pietro non è soltanto visiva: da nessun punto di vista si doveva vedere tutto l'edificio (la sciagurata via della Conciliazione, che riduce la basilica a fondale scenografico, è un'opera del regime fascista). Esso non si presentava come un organismo chiuso ma come una successione e variazione continua di prospettive e di aperture spaziali. Come ogni spettacolo, aveva i suoi tempi di sviluppo. È fatto per il visitatore che lo percorre, si aggira. Ogni nuova prospettiva si coordina a quelle vedute, prepara le prossime. L'ammirazione diventa un gioco di memoria e d'immaginazione: da potersi dire infine che la basilica vaticana, così come la presenta il Bernini, è più da immaginare che da vedere.

GIULIO CARLO ARGAN - Storia dell’Arte Italiana