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Foro di Traiano

Foro di Traiano
Foro di Traiano

i Mercati Traianei e la Basilica Ulpia

Piazza dei Fori Imperiali già detta piazza Colonna Traiana.

— L'odierna piazza occupa parte della Basilica Ulpia, mentre l'antico Foro estendevasi verso V. Alessandrina. La colonna istoriata alzata da Apollodoro di Damasco, nel 108 d. C., fu eretta in ricordo delle guerre Daciche vinte da Traiano Marco Ulpio, la statua del quale, in bronzo dorato, era in cima ad essa. Le ceneri di Traiano furono deposte nel basamento della colonna. La statua dell'imperatore già abbattuta, venne da Sisto V sostituita con quella di S. Pietro, modellata da Giacomo della Porta, la quale posa sopra un blocco di marmo africano trasportato a Roma nel 1588 proveniente dal territorio di Ostia.

— Le dimensioni della testa della statua di Traiano, trovata quando Paolo III fece isolare 11 basamento della Colonna, fanno ritenere che la statua fosse alta m. 6. Quella di S. Pietro si ottenne fondendo un pilastro del Pantheon e 3 antiche porte in bronzo: della Scala Santa, di S. Agnese ed altra del porticale di S. Pietro.

— Nel medioevo al basamento della Colonna fu addossata la chiesetta di S. Nicola de Colonna, incassando il tetto di legno nella parete ove è l'iscrizione.

— La colonna alta m. 42, si compone di 34 blocchi di marmo bianco di Luni, e vi sono scolpite oltre 2000 figure umane alte cm. 65, oltre un'infinità di mezze figure, cavalli e macchine guerresche.

— Durante l'occupazione del 1798 si era pensato, dai nostri fratelli d'oltre'Alpe, di portare la Colonna a Parigi. Il commissario Daunou scriveva al direttore La Réveil-lier: «Sembra meglio che voi rinunciate alla Colonna Traiana, sarebbe un’impresa dispendiosissima»; in altra lettera aggiungeva: « In complesso vedo che è bene contentarsi delle 350 casse; non è cosa giusta, né politica moltiplicare il bottino di questa natura!».

— Apollodoro, per la sistemazione del Foro fu costretto crearne artificialmente l'area in circa mq. 275.000, tagliando una propaggine del Quirinale e propriamente il Collis Latiaris, che si estendeva fino al Campidoglio; la cima della Colonna, secondo l'iscrizione, segnerebbe il livello del monte tagliato; però il Boni darebbe altra interpretazione alle ultime due righe sotto la dedica, data l'abrasione di alcune lettere, e cioè: « Per far vedere di quanto fosse sopraelevato con sì grandi opere il monte e il piano ». Infatti, alcuni saggi di scavo fatti nel 1906 hanno rimesso in luce una strada lastricata, ed una fogna di età anteriore al Foro, il che escluderebbe, che l'altezza della Colonna segni il livello del monte tagliato.

— Un giorno, che Apollodoro discorreva con Traiano di architettura, ad Adriano, che era presente e che volle esprìmere il suo parere, disse : « Va a dipingere le tue zucche, perché in questo tu non capisci nulla ». Altra volta poi, lo stesso Adriano, divenuto imperatore, avendo fatto costruire il tempio di Venere e Roma al Foro Romano, Apollodoro lo criticò severamente, affermando che era basso e i Dei in proporzione troppo alti e soggiunse: « Se i tuoi Dei, che hai posto seduti, si volessero alzare per uscire, non, lo potrebbero ». Adriano si vendicò, ordinandogli di morire

— Nel centro del Foro sorgeva la statua equestre dell'imperatore; a proposito della quale si racconta, che un giorno passando di qui Costanzo, figlio di Costantino, ammirato della statua, disse di volersi far fare a Costantinopoli un cavallo simile. Ciò sentendo il persiano Ormisela, che era del suo seguito, gli rispose : «Convieni però che ad un cotal cavallo occorrerebbe apparecchiare una tal scuderia (volendo alludere alla inarrivabile bellezza del Foro) e ciò non è possibile».

— Palazzo Roccagiovine; in esso ebbe principio il culto protestante in Roma, ad iniziativa del rev. Corbert Hule, che, vinta la riluttanza del Card. Consalvi, vi organizzò una cappella privata, trasportata poi in una cella del Mausoleo di Augusto; di là passò in V. Rasella, finché nel 1821, la comunità Anglicana prese in affitto dei granai fuori Porta del Popolo, trasformandoli in chiesa. Dal 1870 crebbero le chiese protestanti, ma poche hanno vita rigogliosa.

(Blasi 1923)

Foro di Traiano
Foro di Traiano

Mercati Traianei

Per sostenere e rivestire le pendici del Colle Quirinale agli inizi del II secolo d.C. sorsero i Mercati di Traiano. Con questo nome sì intende un insieme di strutture, articolate su più livelli, che sì estendevano oltre i limiti dell'attuale area archeologica, presentando le caratteristiche dì un vero e proprio quartiere urbano. Il complesso, attribuito ad Apollodoro di Damasco, è attraversato da una strada basolata che in età tarda prese il nome di Via Biberatica. Ai lati di questa strada si dispongono gli edifici, con ambienti in laterizio sapientemente articolati e coperti da vari tipi di volte. Gli spazi erano utilizzati soprattutto come sede amministrativa di rappresentanza, come sembra testimoniare il recente rinvenimento di un'iscrizione relativa al Procurator Fori Divi Traiani, che doveva occuparsi della gestione del Foro dì Traiano e delle molteplici attività che vi avevano luogo. Attualmente la parte superiore dei Mercati di Traiano è chiusa per restauri.

L’opera è frutto della genialità dell’architetto del Foro Apollodoro di Damasco. È ubicato alle spalle del portico del Foro di Traiano oltre la strada che correva intorno ad esso. Sui resti di questa antica costruzione rimane la famosa Torre delle Milizie, e nel Medioevo si innalzò il Castello dei Caetani e la Torre del Grillo.

(Blasi 1923)

Foro Traiano superava gli altri Fori tutti per ricchezza e splendore: ne fu l'architetto l'insigne Apollodoro di Damasco. Esso Foro era circondato da portici in colonne decorato di statue, ed abbellito con ornamenti di bronzo messo a oro: conteneva una basilica, per amministrarvi la giustizia, un tempio dedicato a Traiano, dopo morto, e la celebre biblioteca Ulpia. Nel novero delle statue equestri che decoravano un sì celebrato luogo, rendevasi osservabile quella di Traiano in bronzo dorato, eretta innanzi al tempio, la quale fu l'ammirazione dell'imperatore Costanzo allorché recossi in Romanel 354. Si racconta da Ammiano Marcellino, che egli rimase talmente sorpreso alla vista di questo Foro, che non potè trattenersi di esclamare che la fama solita di esagerare le cose, non avea potuto esprimere tutta la magnificenza degli oggetti, che quivi gli si presentavano agli occhi. Soggiunge lo stesso scrittore, che il medesimo imperatore Costanzo, avendo fissato lo sguardo nella suddetta statua equestre di Traiano, si vantò di voler far gettare in bronzo un cavallo simile a quello, al che Ormisda, figlio del re di Persia, suo maggiordomo, gli rispose: Io lo credo, o Signore, ma farà d'uopo che gli facciate prima fabbricare una scuderia simile a questa.

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BASILICA ULPIA

Il principale edifizio che esisteva in questo foro era certamente la grande basilica che Trajano vi pose nel lato settentrionale del medesimo, denominandola Ulpia dal primo suo nome. II piano della parte media di questa basilica si vede ora intieramente scoperto; ed i pochi resti che ivi esistono sono testimonj della sua grandezza. Primieramente a riguardo di questa mi è quivi indispensabile di fare osservare che per molte ragioni ho creduto conveniente di riconoscere nel frammento della antica pianta di Roma, N. XXIV, cognito per avere appartenuto alla basilica Emilia, esservi invece rappresentato parte di questa basilica Ulpia con alcune fabbriche che le erano contigue. Questa variazione primieramente la deduco dal vedere nei disegni del Fulvio, che stanno alla Vaticana non esservi unito a tale frammento, l'altro più piccolo sul quale si vede scolpita solo AEMILI, N. XXI, dal che si conosce che questa congiunzione fu fatta probabilmente in seguito al tempo del Bellorio; e questa fu quindi consolidata, allorchè si rifece di nuovo quasi per intiero il detto frammento. Quindi dall'avere ritrovato che nell'altro frammento, sul quale sta scritto ULPIA con l'indicazione del piantato di diverse colonne, le lettere corrispondono in giusta grandezza con quelle di BASILICA della nominata lapide maggiore; siccome ancora si trovano combinare le distanze delle colonne e la larghezza della navata media che nei due frammenti è disegnata. Percui si conosce che questo secondo frammento colla indicazione di ULPIA, deve andare congiunto con il grande, e che l'altro sul quale sta scritto semplicemente AEMILI è stato creduto malamente avere appartenuto al medesimo frammento maggiore, massime che la basilica, alla quale vuolsi questo attribuire, fu generalmente cognita presso gli antichi più col nome di Paolo, che con quello di Emilia. Inoltre dall'osservare che in tale lapide maggiore è troppo bene indicata la disposizione della basilica Ulpia, che si conosce dagli avanzi superstiti aver formato col foro, con una delle biblioteche, e con le fabbriche che stavano dietro l'abside della medesima di cui ne avanzano resti a piedi del Quirinale. Queste cose in miglior modo si fanno conoscere nel parlare di questo foro in particolare nella terza parte della Architettura Romana da me pubblicata. Quindi osservo ancora che la parola LIBERTATIS scolpita nella lapide maggiore a piedi dell'abside, la quale vuolsi attribuire all'Atrio della Libertà nominato da Cicerone nel parlare della basilica di Paolo, si debba riferire evidentemente alle Manumissioni dei servi, ossiano le funzioni che si facevano per dare la libertà ai medesimi, le quali dai seguenti versi di Sidonio Apollinare si dimostrano essere state fatte precisamente in questa basilica.

Nam modo nos jam festa vocant, et ad Ulpia poscunt

Te Fora donabis quos libertate Quirites,

Quorum gaudentes exceptant verbera malae.

Imperocchè l'abside disegnata nella lapide non ha affatto la forma di atrio, nè si vede essere stato un'edifizio separato dalla basilica; ma bensì la calcidica o tribunale della basilica stessa. D'altronde se bene si esamina l'indicato passo di Cicerone, si troverà non esser molto chiaro; poichè non si ha cognizione di alcun altro atrio della Libertà, che di quello situato sull'Aventino. La basilica aveva ingressi nel suo lato meridionale verso il foro, ma sembra ancora che vi si entrasse dalla via che dal foro Romano comunicava col Campo Marzio; e questo ingresso è probabilmente quello che si rappresenta nelle medaglie che si hanno di Trajano relative a questa basilica.

Lungo il lato settentrionale della medesima basilica vi stava quindi la celebre Biblioteca Ulpia, nella quale si conservavano specialmente i libri Lintei e gli Elefantini. Questa biblioteca si conobbe dalle scoperte fatte essere stata divisa in due parti, allorchè s'innalzò nel mezzo la grande colonna Coclide, come osserva il Ch Prof. Nibby nelle sue dichiarazioni aggiunte al Nardini

Foro della Pace

Il foro della Pace comprende il tempio della pace, costruito da Vespasiano con le spoglie della guerra giudaica da Vespasiano. Come testimonianza rimane un’esedra e una nicchia sotto la Torre dei Conti, una grande aula trasformata nella chiesa dei santi Cosma e Damiano, e resti di un’aula con pavimento in marmo policromo collegata al Foro Romano, dietro a chiesa suddetta.

TEMPIO DELLA PACE

Il celebre tempio della Pace edificato da Vespasiano vicino al foro Romano, secondo quanto scrisse Svetonio nella vita di lui, nel quale poi colloc tutto ci che egli aveva raccolto d interessante ed i vasi d'oro tolti dal tempio di Gerusalemme, si deduce essere stato pure vicino al descritto foro Palladio dai citati versi di Marziale, che indicavano il luogo in cui si vendeva il suo libro (18). Nella additata vicinanza dei due nominati fori non trovo luogo pi conveniente per situare questo tempio, di quello corrispondente nel lato meridionale dello stesso foro Palladio e dietro al tempio di Antonino e Faustina ed a quello di Remo, ove precisamente vedesi un muro antico costrutto con buona opera di pietre quadrate, il quale, trovandosi avere la stessa direzione della cinla dell'anzidetto foro Palladio, pu stabilirsi con evidente probabilit avere appartenuto alla parte posteriore della cella di questo tempio. Siccome poi, secondo quanto si osservato poc'anzi, alle quattro fronti del piccolo tempio di Giano, situato nel foro Transitorio, dovevano corrispondere altrettanti fori, e dimostrandosi colla descrizione di Giuseppe Flavio che il tempio aveva intorno un'area cinta (19), e con ci che ne scrissero Ammiano Marcellino e Procopio conoscendosi che tale area si nominava anche foro distinto tanto con il nome della Pace dal tempio che racchiudeva, quanto con quello di Vespasiano dal suo edificatore (20), si viene cos a confermare la posizione di questo tempio colla sua area o foro in tale luogo; imperocch sarebbe mancato alla fronte meridionale del suddetto tempietto di Giano, senza questo edifizio in tale posizione collocato, un corrispondente foro per compire col Romano, col Palladio e con quello di Cesare 1 intero indicato giro. Nell'uno e nellaltro lato poi del tempio della Pace sembra che vi fosse posta da una parte la biblioteca, nella quale i letterati tenevano le loro adunanze, e dall'altra parte il luogo ove si depositavano dai particolari le loro ricchezze. Nello spazio occupato da uno di questi luoghi sembra essersi edificata la chiesa dei ss. Cosma e Damiano che vcdesi eretta sopra sostruzioni antiche. Esistono poi a lato di questa chiesa ragguardevoli reliquie del muro costrutto con l'opera quadrata, che racchiudeva l'area intorno al tempio.