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3 - Arco di Costantino

Rilievi dell'età di Marco Aurelio

Arco di Costantino
Arco di Costantino

parte terza

Lato Sud da sinistra a destra

M. Aurelio che tiene un discorso

Rilievi dell'età di Marco Aurelio

La scultura prima rappresenta (congetturo) M. Aurelio che tiene un discorso agli officiali del Palazzo, prima di partire per porsi alla testa delle legioni. La parete nel fondo, in muratura semplice nel mezzo, ha doppio ordine di colonnine ai lati, e sui capitelli figure decorative allusive a vittorie militari. A sinistra del muro, si vede una Vittoria alata e un guerriero nudo. A destra, una Vittoria e un guerriero colla tunica e l'asta. Fanno ala alle figure decorative tre vessilli militari. Sul muro fa sporto un' alta cornice, a piccoli riquadri. Ciò indica, a mio avviso, una sala della residenza imperiale. L' imperatore in abito militare succinto e col paludamento (*), come si accingesse ad una spedizione, sta ritto su alto palco, avendo alla sinistra un ufficiale superiore che, a giudizio del Petersen (2), è Claudio Pompeiano, siro, e cavaliere romano. Egli era genero dell' imperatore, e suo distinto generale. La sua figura è di un uomo attempato, calvo, con barba, di tipo semitico. L'Augusto volge la parola a sette persone, la cui qualità è indicata dal vestiario delle tre più in vista. Ritengo che siano tre liberti, ufficiali palatini. Nel second'ordine della prospettiva sono due cacciatori di belve. Innanzi all' imperatore, nel piano inferiore, sta in posizione una figura virile con ampio mantello, che ha l'orlo fimbriato. Essa porta, alla foggia barbarica, calzoni lunghi. Mi sembra un barbaro appartenente alla guardia del corpo dell' imperatore. La testa del soldato è di restauro moderno.
La spiegazione che si dà generalmente dagli scrittori fino al 1889, che in questa scultura sia rappresentato Traiano, che proclama Parthamaspates re dei Parti e lo incorona, non è ammissibile per se stessa. Quando Traiano vincendo i Parti, investì del regno partico il fido Parthamaspates, dichiarandolo suddito di Roma, la cerimonia si compiè a Ctesiphon, la capitale del regno partico, e in una pianura ('). Ma non v'ha alcuno, nella scultura, tra lo stuolo degli assistenti, che vesta alla foggia dei Parti. E si vede nel rilievo un luogo chiuso. Prima di stabilire la data del discorso di M. Aurelio ai liberti, ricorderò, con brevi note, le condizioni dell' impero al principio della grande guerra germanica.

Furono i 60,000 Germani che sperimentarono il valore della fanteria di Candido e delle truppe di Vindice. Respinti vigorosamente, mandarono legati per la pace, a M. Jallio Basso (3) governatore della Pannonia, il principe dei Marcomanni Ballomario e dieci altri personaggi, rappresentanti ciascuno una di quelle genti, tra le quali erano molti Marcomanni, Obii e Longobardi provenienti dall' Elba. Poco dipoi i formidabili Catti invasero alla lor volta la Pannonia Superiore. E la guerra a quel tempo condotta contro il potente regno partico impediva a M. Aurelio di adunare un numeroso esercito sul corso medio del Danubio.

La Rezia, il Norico, la Pannonia e la Dacia furono messe a ferro e a fuoco; centinaia di migliaia di abitanti condotti in schiavitù. La sorte delle armi fu dapprima funesta alle armi romane. Vittorino, uno dei comandanti delle guardie pretoriane, cadde sul campo di battaglia; e i barbari superarono il baluardo delle Alpi. Distrussero Opitergium (Oderzo) e investirono Aquilei'a, punto strategico importantissimo, donde partiva la gran via militare, che conduceva nelle regioni al nord dell' Italia. Ai mali della guerra s' aggiunsero quelli della carestia, per lo scarso raccolto avutosi in più anni consecutivi, e della peste, portata, pare, in Italia dalle truppe provenienti dalla guerra partica. E il concentramento delle milizie, reso necessario dalle operazioni militari, aumentò il numero delle vittime. Facevano anche difetto i mezzi pecuniari ('), non riscuotendosi più completamente le imposte, e gli uomini necessari ad un esercito numeroso quanto il richiedevano le circostanze. Pure, nel 168, M. Aurelio e Lucio Vero, postisi alla testa dell' esercito, fecero ben presto cambiare il corso agli avvenimenti guerreschi. Tre volte i due Augusti furono acclamati sul campo vincitori e salutati imperatore.

Le schiere barbariche che si erano più avanzate si ritirarono; i Quadi offrirono la pace a moderate condizioni. Ma M. Aurelio, consigliandolo invano Lucio Vero a venire a patti, volle continuare le operazioni militari tino ad un esito glorioso; e liberata l'Italia dalle bande germaniche, trasferì la guerra nella Pannonia Superiore. Già sembrava imminente una vittoria definitiva, quando l' imperversare del morbo contagioso impose ai Romani una sospensione d'armi. GÌ'imperatori, al principio del 169, abbandonarono il campo per ricondursi a Roma. Ma Lucio Vero fu còlto da improvviso malore sul suo carro stesso, e poco dopo morì presso Aitino ('). M. Aurelio, celebrati i funerali al fratello adottivo e collega nell' impero, domandò al Senato nuovi mezzi per continuare la guerra contro i Germani, che infuriava come prima.

I barbari, ripreso animo per la partenza degli Augusti, vinsero di nuovo, e penetrarono un' altra volta in Italia, spingendosi baldanzosi fino ad Aquileja. Racconta Giulio Capitolino che M. Aurelio vendette risolutamente all' asta pubblica, nel Foro Traiano, per due mesi, le gioje del tesoro imperiale, il prezioso vasellame, i quadri delle collezioni imperiali e le vesti di seta e dorate della moglie. Bella prova di patriottismo ! Per rinforzare poi le milizie furono arruolati schiavi, gladiatori, e banditi (nella Dalmazia e nella Dardania), e furon fatti venire dall'Asia Minore molti uomini d' arme addetti fino allora alla polizia urbana. Il biografo di Marco dice (c. 28): armavìt et diocmitas: armavit perchè queste guardie urbane non avevano l' armatura completa dei legionari. Una iscrizione di Aezani, nella Frigia, dice che la città somministrò spontaneamente all' impero una squadra di uomini d'arme. Così si formarono due nuove legioni, che si aggiunsero alle dieci stanziali degli eserciti danubiani.

Fu perciò un avvenimento importante la partenza di M. Aurelio da Roma nel 169: data che ci è fatta conoscere da una medaglia di bronzo, che ha il n. 500 nel catalogo descrittivo di E. Cohen. Essa commemora la profectio Augusti Dell 'anno 23° del suo tribunato; cioè nell"anno 169 dopo Gr. C, essendo cominciata la sua potestà tribunizia l'anno 147 dell'èra nostra. Altre tre medaglie, di bronzo, n. 501, 502 e 503 in Cohen, ricordano la seconda partenza di M. Aurelio pel campo (però sono coniate l'anno 170), rappresentandolo, molto semplicemente, in marcia, accompagnato da soldati a piedi ed a cavallo.

Vittoria dei Romani sui barbari

Arco di Costantino a Roma: Rilievi dell'età di Marco Aurelio

La seconda scultura mostra una vittoria dei Romani sui barbari del nord. L'Augusto sta in piedi su un rialto, avendo dietro un ufficiale superiore, che, a giudizio del eh. Petersen, è Pertinace. Due barbari prigionieri sono tratti a forza innanzi all' imperatore, per essere da lui giudicati come ribelli.
Il Germano a destra, nel prim' ordine della prospettiva, coperto da grande mantello mostra naturale abbattimento; il Germano in mezzo ai Romani, nel second'ordine della prospettiva, tiene alta la testa, essendo afferrato per la chioma dal soldato che lo segue. Dietro il gruppo spiccano tre vessilli militari e due lance. Siamo evidentemente in un campo militare. A destra campeggia un albero con un ramo inaridito e due altri densi di fogliame, che si elevano nel fondo. Ora non si scorge nella scultura un legame tra il fogliame del fondo, a sinistra, e il tronco dell'albero; ma esso è evidente nella tavola del Bellori (2). Nella scultura sono cinque soldati, di uno dei quali appare solo la testa coli'elmo.
La data del fatto rappresentato si può porre certamente tra gli anni 171 e 174, quando, secondo le sculture della colonna Aureliana, ebbe il maggior sviluppo la guerra germanica. Ma credo che si possa giungere ad una determinazione più. precisa.
La scena qui descritta rappresenta, senza fallo, un fatto memorando della guerra contro i Quadi, i Marcomanni e i loro ausiliari. Perciò si può credere eh' esso sia rappresentato anche nella colonna Aureliana, dove sono tratteggiati minutamente, in 116 scene, i fatti principali della guerra.
Sebbene, com' è stato già osservato, la scultura dell' arco scarseggi di elementi individuali, pure vi scorgo una nota caratteristica che, ritrovata nella colonna Aureliana, deve condurre a riconoscervi rappresentato lo stesso avvenimento. Tale nota è il giudizio di prigionieri germani, considerati ribelli, che si tiene nel campo cesareo. In tutte le sculture della colonna Aureliana tal fatto occorre tre volte solamente: nelle scene 8a, 25* e 61a.
Ma possono queste scene convenire tutte con quella della seconda scultura sull'arco? La scena 61a fa vedere la decapitazione di sei nobili Germani, avvenuta l'anno 173, mentre numerose torme di Germani, già sottomessisi ai Romani vincitori, sono condotte ad abitare il territorio romano, abbandonando il loro paese posto al di là del Danubio. Nella nostra scultura non v' è alcun indizio d'immigrazione; mentre v'è chiara l'allusione ad un gastigo di ribelli. Perciò le due scene non si possono riferire ad un medesimo fatto. Lo stesso si può conchiudere dal confronto tra la scena 25a e quella dell'arco. La scultura 25a della Colonna rappresenta due Germani Buri (i quali abitavano il territorio all'est di Vindobona), che sono tratti prigionieri innanzi a M. Aurelio.
L'Augusto ha sospeso allora la marcia del suo esercito, dopo aver respinto un assalto dei Buri (a. 171). Ma questa fazione non è affatto decisiva per l'assoggettamento dei Buri. Invero nelle scene 70-73a essi di nuovo combattono coi Romani, e ne sono di nuovo vinti. È dunque verosimile che, volendosi scegliere un fatto d' armi tra i tanti che offriva la lunga guerra germanica, si abbia preferito ad ogni altro il ricordo dell' assoggettamento di un piccolo popolo, come quello dei Buri, che non era neppure definitivamente soggiogato quando avrebbe avuto luogo il giudizio dei prigionieri? Invece è probabilissimo che si abbia voluto, nella scultura, ricordare il gastigo inflitto ai Suevi, nemici acerrimi di M. Aurelio, che essendo già sotto l'alto dominio dei Romani, furono, dopo la vittoria, gastigati esemplarmente.
La colonna Aureliana nella scena 7a mostra l' assoggettamento dei Suevi, facendo vedere la presa e l'incendio di un paese dei Suevi per opera dell' esercito romano al primo cominciare delle operazioni militari oltre il confine; e nella scena 8a mostra il severo giudizio che fu dato contro i prigionieri nel campo cesareo (a. 171). Vi si veggono due Suevi condotti innanzi all'imperatore da una vexillatio, rappresentata da un alfiere e due soldati. Due barbari giustiziati giacciono già morti sul terreno; e fanno presentire la misera sorte, che probabilmente attende i loro compagni . Dunque l' assoggettamento e il gastigo dei ribelli Suevi sarebbero rappresentati nella scultura dell'arco. Soggetto molto acconcio ad imprimere nell' animo della moltitudine la forza e la maestà della dominazione romana, ed analogo a quello della tavola la capitolina, tra le tre di M. Aurelio, che sono ora nel cortile coperto del Palazzo de' Conservatori. Vi si veggono due capi dei Germani, che si fanno incontro a M. Aurelio coll'esercito vittorioso nelle selve della Germania Meridionale, e invocano, in ginocchio, la sua umanità. L'Augusto sembra guardarli con occhio di compassione. Del resto la scelta di questo soggetto è in particolar modo acconcia, perchè rappresenta il primo fatto d' arme delle gloriose campagne sul territorio germanico, e si collega opportunamente alle scene seguenti, che mostrano la fine della guerra germanica.

Discorso di Marco Aurelio ai soldati

Arco di Costantino a Roma: Rilievi dell'età di Marco Aurelio

Nella scultura terza è rappresentato M. Aurelio sollevando il braccio destro con un gesto oratorio, in atto di arringare l'esercito, di cui si veggono sette militi e due aquile legionarie.
Anche qui, nel second'ordine della prospettiva, due soldati sono coperti da pelle di belve. La corazza del primo soldato a sinistra è interpuntata. La corazza a piastre del secondo soldato è propria dei legionari. La corazza a scaglia di pesce del primo soldato a destra indica un milite delle coorti ausiliarie, che, com' è noto, formavano una parte considerevole dell' esercito romano e nell'esercito danubiano di M. Aurelio.
La colonna Aureliana ricorda l'allocutio militum nelle scene 4a, 9a, 55a, 83a, 96a, 100a e 107a. Molto probabilmente una di queste si ritroverà nella scultura terza dell'arco.
Ma la scena 4a appartiene al principio della guerra, quando ancora non erano cominciate le ostilità sul territorio nemico: l'allocuzione della scena 83a è indirizzata solo alle truppe ausiliarie germaniche e alle guardie pretoriane ; la 96a alle guardie pretoriane e agli ausiliari prima di una battaglia contro i Sarmati (a. 174), ma nella nostra scultura non v'è indizio di combattimento imminente. Parimente la scena 107a mostra un''allocutio (a. 175) prima che sia finita la campagna contro i Sarmati.
Eimangono le sculture 9a, 55a e 100a. La 9a mostra un'arringa di M. Aurelio prima di cominciare le operazioni contro i Quadi.
appena domati i Suevi (a. 171). La 55a mostra un'allocuzione all'esercito alla fine del bellum germanicum (a. 172). Si veggono i soldati affollarsi, come qui, intorno alla tribuna imperiale, con aquile, stendardi e insegne . La scultura 100a della Colonna mostra un'arringa tenuta da M. Aurelio alla guardia e ai legionari prima di prendere i quartieri d'inverno, l'a. 174, durando la guerra sarmatica, che successe alla germanica.
Mi sembra probabile che a quest' ultima si debba riferire la scultura dell'arco. Invero a che scopo signitìcare il principio di una nuova campagna, come nella scultura 9a della Colonna, se non si darà poi sull'arco alcun cenno dell'andamento delle operazioni militari? E la scultura 55a della Colonna non dinota che la fine del primo periodo della guerra: soggetto acconcio per una lunga serie di rappresentanze, come quella della colonna Aureliana. Ma sui rilievi dell'arco che -senso avrebbe siffatta divisione dei trionfi di M. Aurelio, quando non vi sono in tutto che tre scene per alludere ai fatti della guerra, e i Sarmati, che sarebbero i nuovi nemici vinti dai Romani, non sono mai raffigurati nei rilievi? Perciò probabilmente si allude qui al fatto del 174.
È chiaro lo scopo dell' artista di mettere in bella mostra la facoltà oratoria di M. Aurelio, che in verità attese lungo tempo all' eloquenza sotto distinti maestri, come Erode Attico e M. Cornelio Frontone di Cirta , e contribuì alle vittorie dei Romani colla sua parola ornata.

Souvetarilis

Arco di Costantino a Roma: Rilievi dell'età di Marco Aurelio

La scultura quarta dell'arco ritrae il solenne sacrifizio dei suovitaurilia, cioè l'immolazione d'un ariete, d'un toro e d'una scrofa, nel campo militare. L'Augusto presiede e dà principio alla solenne cerimonia, libando sulle fiamme che si levano dal tripode. Egli è vestito colla toga, ed ha dietro, a destra, una figura con spoglia di belva sul capo: un soldato ausiliare, probabilmente orientale. A sinistra dell' imperatore un Ubiceli suona la tibia a doppia canna. È un magnifico gruppo di 22 figure e 7 insegne militari. Un'aquila legionaria vi è raffigurata nell 'atto di porgere, nel nido, la preda ad un aquilotto. Il volto lieto dei soldati che si affollano dietro il Camillo coronato, che tiene in mano Y acervo, o la scatola dell' incenso, fa intendere che le sorti della campagna volgevano favorevoli ai Eomani.
La stessa cosa significano le due corone d'alloro, che campeggiano nel fondo. Il soldato più a destra che si vede di spalla, in atteggiamento analogo a quello del suo compagno, legionario, che gli sta a fianco, solleva e stende con forza le braccia, come per afferrare due bastoni di un suo compagno, nel second'ordine della prospettiva, che si schermisce colle braccia. Nel fondo, a destra, si veggono due lance legate a fascio.
A quale scena della colonna Aureliana si può riferire la scultura? Le sculture dei suomtaurilia nella Colonna sono la 5a e 6a, relative ad un solo soggetto ('), e la 30a. Ma la 5a e 6a si riferiscono alla lustratio e al solenne sacrifizio che precedè le operazioni militari, prima di varcare il confine (a. 171).
Perciò non possono convenire colla scultura dell'arco. La scena 30a poi mostra i snovitaurilia prima che i Romani passino il Danubio, mentre è impegnata l'azione militare (2). Ma qui, evidentemente, non v'è alcun accenno ad un combattimento. Non resta dunque che supporre sia questo il sagri tizio finale che dovè aver luogo 1'a. 174, dopo finita la campagna vittoriosa, e poco prima del ritorno dell'Augusto in Roma.
E chiara l'intenzione di porre in bella mostra la pietà dell 'Augusto, eh' ebbe propizii gli Dei nella lunga e fortunosa guerra. E veramente gli storici fanno menzione più volte, e con insistenza, sul favore divino, che diede la vittoria ai Romani.
Sì Giulio Capitolino che Dione Cassio riferiscono parecchi portenti, che influirono, a loro avviso, non poco sui successi di M.
Aurelio. Giulio Capitolino narra, alludendo alla vittoria prodigiosa contro i Quadi, che l'imperatore « fulmen de coelo precibus suis contra hostium machinamentum extorsit » (3).
Un fatto somigliante è rappresentato nella colonna Aureliana scena lla, che ci fa vedere l'oppugnazione di un castello presidiato dai Romani, e i terribili danni cagionati da un fulmine, che opportunamente incenerì alcuni barbari e mise lo scompiglio negli altri. È nota la battaglia nel territorio dei Quadi, narrata circostanziatamente da Zonara (4) e nel libro 71° della storia di Dione Cassio, abbreviato da Xifilino. Quando essendo i Romani incalzati, in luogo sfavorevole, da forze preponderanti, un terribile uragano, accompagnato da prodigiosa neve (essendo estate), mise lo spavento tra i barbari quasi vincitori. Il fatto memorando è ritratto accuratamente nella colonna Aureliana, dove l'intervento dei Numi è simboleggiato dalla figura maestosa di Giove Pluvio, che versa le sue benefiche acque sui Romani accasciati dal sole cocente. Il monaco Xifilino attribuisce il portento alle preghiere di una legione di cristiani, di Melitene, che militava nell'esercito romano.
Così le sculture terza e quarta dell'arco formano un secondo gruppo, ch'esalta l'eloquenza e la pietà di M. Aurelio.

Alfredo Monaci - Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma - 1900