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Piazza Farnese

Piazza Farnese
Piazza Farnese

Tra tutti i colossali e sontuosi palazzi di Roma, quasi tutti di pessimo gusto del Seicento, si distinguono i palazzi Spada, Cancelleria e Farnese e fanno ricordare gli svelti, eleganti e semplici palazzi di Firenze. Sono i palazzi più belli di Roma e ciascuno vi ricorda qualcosa di notevole. Spada contiene la statua di Pompeo macchiata del sangue di Cesare; sulle scale della Cancelleria fu pugnalato Pellegrino Rossi; il Farnese rammenta tutta la storia dei Borgia. Il Farnese, incominciato dal Bramante, finito da Michelangelo, è il più bello di Roma; sorge quasi isolato, ha innanzi una piazza grande e bella con due grandi e belle fontane; sorge così tutto di un pezzo; è un gran masso di travertino tolto al Colosseo e par leggero leggero, uscito tutto insieme dalla mano dell'artefice. Quella precisione di linee, quella sua maestà e spigliatezza, quella correzione di disegno, quel cornicione stupendo su in alto, che lo chude come in un quadro, non si dimenticano più. E quando correte a vedere altri palazzi, o chiese, o monumenti, e non restate contenti e vi sentite disingannati e avete bisogno di mettervi innanzi agli occhi qualcosa di perfetto, di bello vero, di grandezza vera, un non so che d'ideale, una mano invisibile vi disegna nello spazio palazzo Farnese. E vi pare averlo lì innanzi a voi, di essere in piazza Farnese, di vedere quelle linee, quelle curve, l'arco ardito del vestibolo, e giù a passeggiarvi il portiere col pomo dorato in mano. E palazzo Farnese non l'avete più veduto da anni e anni.

Il palazzo Farnese, con quella sua bellezza imponente e severa, con quella maestà vera, io me lo paragono ad una di quelle possenti e voluttuose figure di donne le quali ancora s'incontrano in Roma, le quali vi lasciano la fantasia in cento sogni turbolenti e vi ricordano la maestà di Roma antica. Di fronte al Farnese, anco senza farlo apposta, anche ostinandovi a restare spensierato, a guardare le rondini che svolazzano su pel cornicione o il getto delle fontane o qualche povero e stanco ciociaro seduto a piè del palazzo, lì in un cantuccio, vi sorge innanzi la figura di Giulia Farnese, quella donna famosa, bionda, sovranamente bella, irresistibilmente bella, che fece delirare a sessantadue anni il più bello de' papi, il quale pure avea tanto amato e tanto goduto! E incominciate a ricordare tante cose, tanti scandali, tanti amori, perchè certe cose per non ricordarle, bisogna non saperle; e mentre forse volete andar via, restate lì assorto lungamente, or cogli occhi in alto, ora fermo, ora a passeggiare, a girare intorno intorno la piazza senza badare a ciò che vi circonda; prepotentemente vinto da que' ricordi, tutto in que' ricordi. E voi giovane, tra le speranze, tra i cento delirii della giovinezza, lì innanzi a quel palazzo, voi l'immaginate Giulia in tutto il suo splendore, in tutta la possanza della sua bellezza divina, in tutto il suo fascino, come la donna più avvenente di Roma, come quella che forse vinse in bellezza Lucrezia Borgia, la Vannozza, e Isabella Gonzaga, le donne più celebri e più belle de' tempi suoi. Voi dimenticate il suo adulterio e l'avete innanzi come il tipo della bellezza e della voluttà femminile. Ma, a poco a poco, vi scema l'entusiasmo; i ricordi storici si fanno minuti, cade il velo e vi vedete schierate tutte le sozzure de' Borgia e de' Farnesi.

Oh quante volte, traversando le vie tortuose e strette, i chiassuoli luridi de' quartieri popolari di qualche grande città, non ci siamo intesi stringere il cuore e una indegnazione nell'animo a vedere l'estrema abiezione dei mariti trafficatori infami delle proprie spose? Oh quante volte non li abbiamo veduti allontanarsi per permettere alla donna il mercato delle sue lascivie? - Noi credevamo ciò un vizio della plebe, una piaga germinata dalla miseria e dalla fame. No, ci dice la storia, questo vizio s'incontra in tutte le classi; giù per fame, in alto per brama ingorda; nella plebe per mancanza di lavoro o per odio al lavoro, su per sogni sfrenati d'ambizione; nel tugurio per malo esempio, nelle sale dorate per libidine di potere. Giulia Farnese nel 1489, nella camera stellata del palazzo Borgia, circondata da gran signori, da cardinali, da festa e da lieto avvenire, di quindici anni, andò sposa ad Orsino Orsini. Ricca, bella, amata, potente, si lascia, appena sposata, nelle braccia del Cardinal Borgia, stato testimone delle sue nozze. Due anni dopo Giulia doventa la pubblica amante del Cardinale. La madre, i fratelli chiudono gli occhi compiaciuti e la suocera Adriana Orsini tiene il sacco. Borgia doventa papa, e Orsini, per non essere importuno testimone della sua vergogna, si ritira nel suo castello di Bassanello, accompagnato dalla satira popolare che lo chiama il Marito della Sposa di Cristo. Alessandro Farnese, che avea fatto imprigionare sua madre per infame imputazione, è fatto cardinale in premio del suo silenzio.

Il popolo lo chiama il cardinal della Gonnella. I Farnesi prima non erano in Roma, non possedevano nulla in Roma, e allora si fabbricarono i due più bei palazzi della Rinascenza. Alessandro poi divenne papa e acconciò i suoi bastardi. L'adulterio di Giulia fruttò il papato, Parma, e un posto nella storia di Roma e del mondo. I Farnesi trafficarono al Borgia la bellezza di Giulia, e il Borgia traffica a sua volta la bellezza di Lucrezia, bella, da' capelli d'oro, lunghi quanto la persona, povera vittima dell'ambizione di casa sua, a ventun anno gia due volte promessa sposa, due volte maritata, due volte lasciata vedova per criminose arti dei suoi, chiamata dal Pontano figlia, moglie e nuora del papa. Questa povera vittima della storia ora scuote il fango dalla veste per la mano pietosa del Campori, e più ancora, del Gregorovius, il quale, perorata con successo la sua causa, confutate le calunnie, la presenta al mondo leggiera, ma amabile ed infelice.

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Palazzo Farnese