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LA VIA APPIA

CARLO DE BROSSES

Tomba di Cecilia Metella

Capita qui l'occasione di parlarvi della via Appia, cioè del più grande, del più bello e del più stimabile monumento che ci resta dell'antichità; poiché, oltre alla sorprendente grandezza dell'impresa, essa non aveva per oggetto che l'utilità pubblica, credo non si debba esitare a mettere quest'opera al disopra di tuttociò che hanno fatto i Romani o altre nazioni antiche, ad eccezione di alcune opere intraprese in Egitto, in Caldea, e soprattutto in Cina per la condottura delle acque, cui si può aggiungere il canale di Languedoc. La via, che comincia dalla porta Capena, corre diritta per la lunghezza di trecento cinquanta miglia da Roma a Capua e a Brindisi, e costituiva la grande strada verso la Grecia e l'Oriente.

Appio longarum territur regina viarum.

Per costruirla, fu scavata una trincea della larghezza della via sino a trovare il sodo, e questa fu colmata di un massiccio di pietrame e di calce viva, che formò così il piano stradale, ricoperto poi da pietre squadrate, di grandezza e di figura ineguali, ma così perfettamente dure che non vi è ancora un solco, e così ben congiunte che nei punti dove non sono state ancora spezzate agli orli, sarebbe ben difficile strapparne una dal mezzo con istrumenti di ferro. Dai due lati della via eran banchi di pietra dura, ad uso dei pedoni, e formanti al tempo stesso due parapetti e due sostegni per impedire ai manufatti di cedere.

Ad ogni cento passi si trovava alternativamente un banco per sedere e un paracarro per montare a cavallo. Finalmente essa era fiancheggiata di tratto in tratto da mausolei, da tombe o da altri edifici pubblici, di cui si vedono ancora le rovine. Questa via è così stretta, nei punti dove i due banchi sussistono ancora, che due delle nostre grandi vetture non passerebbero comodamente;

dalla qual cosa possiamo conchiudere che le sale dei cocchi romani erano molto più strette delle nostre.

Da quindici o sedici secoli non solo non si mantiene più questa via, ma, al contrario, la si distrugge per quanto si può. I contadini poveri dei villaggi circostanti l'hanno squamata come un carpo, e hanno tolto in parecchi punti le grandi pietre dure tanto dai banchi che dal lastricato. Ciò da occasione ai lamenti amari da parte de' viaggiatori contro la durezza della povera Via Appia, la quale non ha colpa; infatti nei punti dove essa non è stata intaccata, è tuttora piana e intera come un pavimento di legno e molto sdrucciolevole pei cavalli, i quali a forza di battere quelle larghe pietre le hanno quasi lucidate...

Dalle Lettres familières, 1739.