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FORO ROMANO

Tempio di Venere e Roma

Tempio di Venere e Roma
Tempio di Venere e Roma

Sull'altura della Velia sorge il magnifico santuario dedicato da Adriano nell'anno 135 a Venere, madre della gente Giulia, e alla Dea Roma.

Settant'anni prima di Adriano, Nerone aveva costruito su tutta questa area il vestibolo della Casa Aurea, e infatti avanzi di un portico, di stanze e di una scala monumentale scendente verso la valle del Colosseo furono rinvenuti nel secolo XVI sul lato settentrionale del tempio, ma sono ora profondamente interrati ed inaccessibili. Sul punto più alto della Velia stava il colosso del Sole, che ritraeva Nerone, alto m. 29 e con sette raggi lunghi m. 7 attorno al capo, e che, per la posizione e per l'altezza, corrispondeva presso a poco al campanile di Santa Francesca Romana. Per ordine di Adriano, il colosso che impediva la costruzione del tempio fu portato giù nella valle dell'anfiteatro; l'architetto Decriano, per eseguire questa operazione, si servì della forza motrice di ventiquattro elefanti. La base del colosso si conserva ancora sotto l'angolo NE del portico, dirimpetto l'anfiteatro. Il progetto dell'imperatore di erigere sull'altro angolo, verso la Meta Sudante, un'altro colosso che rappresentava la Dea Luna, non fu eseguito. Il tempio ebbe compimento forse soltanto al tempo di Antonino Pio, sulle cui monete si vede effigiato; più tardi un incendio sotto Massenzio lo danneggiò, ma subito fu restaurato e nella metà del quarto secolo si annoverava ancora fra le meraviglie di Roma. Intorno alla sua distruzione definitiva, nulla si sa di certo: la tradizione cristiana collega questo luogo alla contesa degli apostoli San Pietro e San Paolo con Simone Mago. Il pontefice Paolo I (757-767) costruì nel punto ove gli apostoli si erano inginocchiati per far cadere il Mago, cioè fra le rovine del portico occidentale del tempio ed il pronao un oratorio chiamato Ss. Petri et Pauli in Sacra Via: ad esso succedette, verso il mille, la summentovata Basilica di Santa Maria Nova, tuttora esistente col nome di Santa Francesca Romana.

Il tempio di Venere e Roma, costruito secondo i disegni di Adriano stesso, sorgeva sopra una sostruzione lunga m. 145, larga m. 100, la quale all'estremità occidentale s'innalzava di pochi gradini sulla Sacra Via (sulle gradinate di marmo a destra, prossime all'Arco di Tito, si vedono parecchi graffiti e tavole lusorie: un gladiatore, un cavallo vincitore, un centauro con la palma in mano), mentre all'estremità orientale si elevava assai sulla piazza dell'anfiteatro. I lati lunghi dell'area nella quale sorgeva il santuario erano fiancheggiati da portici con colonne di granito grigio, aventi negli angoli e nel centro edicole simili a propilei; sui lati corti, forse i portici non esistevano per non coprire le facciate.

Ambe le facciate dei due templi avevano dieci colonne corinzie di marmo bianco: mentre le mura delle celle erano di mattoni, coperti con solidi blocchi marmorei. La cella occidentale (rivolta verso la Sacra Via) pare che fosse sacra a nel timpano della facciata (effigiato sopra un rilievo ora esistente al museo delle Terme) erano rappresentati Marte e Rea Silvia, la lupa con i gemelli e probabilmente la fondazione di Roma.

Le celle erano coperte a volte con ricchi lacunari, avevano pavimenti composti di marmi preziosi, porfido e serpentino, e nelle pareti nicchie per statue. La cella occidentale, un tempo giardino del monastero di Santa Francesca Romana, farà parte del Museo del Foro, ed è per ora visibile soltanto con permesso speciale; quella ad oriente, già sacra a Venere, si apre sull'area libera verso il Colosseo. I simulacri delle due divinità erano posti nelle grandi nicchie coperte di mezze cupole; il grande architetto Apollodoro di Damasco, a cui Adriano sottopose i disegni del tempio, osservò che "se le dee avessero voluto alzarsi dai loro troni, avrebbero urtato la testa contro il soffitto" e per questa critica cadde in disgrazia dell'imperatore. — Sulla spianata dinanzi la cella di Venere furono rinvenute, negli scavi del 1828, numerose fornaci da calce, da cui si può avere idea della barbara devastazione dell'edifizio nel medio evo. I rovesci di alcune monete mostrano, a destra ed a sinistra del tempio, due colonne colossali con statue, forse di Adriano e di Sabina: della settentrionale son rimaste le fondamenta (nell'asse trasversale dell'edifizio) ed un pezzo del fusto di marmo cipollino.

Tratto da: "Il Foro Romano - Storia e Monumenti da Christian Hülsen pubblicato da Ermanno Loescher & Co - Editori di S. M. la Regina d'Italia 1905

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