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12 - La Repubblica Romana del 1849

1 maggio 1849

RAFFET Denis Auguste Marie: I francesi in vista di San Pietro

1 maggio 1849: i resoconti della battaglia

La prima Brigata comandata dal Generale Garibaldi, e composta della prima legione italiana, dal battaglione universitario, battaglione dei reduci, legione degli emigrati, e finanzieri mobilizzati, occupava fuori le mura tutta la linea da Porta Portese a Porta San Pancrazio: la seconda Brigata composta da due battaglioni della civica mobilizzata, e dal primo leggiero, comandata dal Colonnello Masi, occupava le mura da Porta Cavalleggieri, Vaticano, e Porta Angelica: finalmente la terza Brigata comandata dal Colonnello Savini, e composta dal primo e secondo reggimento di dragoni a cavallo, formava la riserva in piazza Navona. La quarta Brigata composta del primo e secondo reggimento di linea comandato dal Colonnello Galletti era in riserva alla Chiesa Nuova, e piazza Cesarini con tutti i cannoni di campagna che non erano in posizione. Il Generale Giuseppe Galletti Comandante dei carabinieri, il Maggiore Avezzana col battaglione lombardo, formando dei corpi staccati, si tenevano pronti ad accorrere ove il bisogno esigesse.

Ogni cosa concorreva a ritenere che il nemico forte di circa otto mila uomini con due squadroni di cavalleria, e dodici cannoni da campo, diviso in due colonne, intendeva dirigere simultaneamente un doppio attacco a Porta Cavalleggieri e Porta Angelica. In effetti verso le 11 del mattino, procedendo per Villa Pamfili, vi occupò due case da dove incominciò un vivo fuoco di moschetteria e di artiglieria contro Porta Cavalleggieri. Si mosse ad attaccarlo di fianco da Porta San Pancrazio il prode GeneraI Garibaldi con tutti i suoi e col battaglione universitario; e quivi s'impegnò un combattimento micidiale ed ostinato, in cui cento fatti di bravura personale provarono che i moderni Italiani hanno tutta l'attitudine d'imitare le antiche glorie dei loro padri. Resistevano tenaci i Francesi all'urto del Garibaldi; lo respingevano ancora favoriti dal maggior numero, e dalle artiglierie che tiravano a scaglia; ma sopravvenuti in rinforzo la legione degli emigrati, il battaglione dei reduci, la legione romana comandata dal Colonnello Galletti, e due compagnie del primo reggimento di linea caricando contemporaneamente alla baionetta, lo costrinse a ritirarsi precipitosamente lasciando in mano dei nostri circa. trecento prigionieri fra' quali sei uffiziali con un Comandante di battaglione, e gran numero di morti. Mentre in tal modo si combatteva a San Pancrazio, altri attacchi erano diretti ai giardini del Vaticano, e lungo tutta la linea da Porta Cavalleggieri sino a Santa Marta, dove il nemico si sforzava con tutti i mezzi di smontare le nostre artiglierie, e dove diede due furiosi assalti, respinti valorosamente dalla Brigata Masi e dalla civica mobilizzata, soccorsi in tempo dai bravi ed ardenti carabinieri.

In tutti questi punti i nostri sostennero con mirabile fermezza e sangue freddo l'urto dei nemici, e combattendo col valore di vecchi soldati l'obbligarono ad una ritirata precipitosa. Merita in tale incontro speciale commemorazione l'Artiglieria nazionale sotto gli ordini del Tenente Colonnello Calandrelli, che vi perdè due distinti uffiziali oltre i feriti, non che l'Artiglieria civica che gareggiò con la prima in zelo ed ardore. Respinti così da tutta la linea i Francesi si ritrassero da prima a Bravetta, a tre miglia dallo. città, donde dopo breve sosta continuarono la loro ritirata verso Castel di Guido, da cui non par dubbio che debbano guadagnar presto Civitavecchia . Questo fatto di armi, che consolida meravigliosamente la fondazione della nostra Repubblica, durò circa 7 ore, come quello che cominciato alle 10 antimeridiane finiva alle 5 pomeridiane, non comprendendo come parte della mischia le piccole scaramucce che si protrassero sino a sera tra i nostri ardenti soldati e le bande nemiche incalzate senza posa. Dietro i dati raccolti, e le deposizioni degli stessi prigionieri, pare che il nemico abbia perduto oltre millecinquecento uomini tra morti, feriti e prigionieri. Da parte nostra non abbiamo a deplorare che cinquanta morti e duecento feriti, fra i quali molti uffiziali subalterni, e superiori. Noi non abbiamo che un sentimento di ammirazione ed una parola d'elogio uguali per tutti, uffiziali, soldati, e popolo, che presero parte al combattimento del giorno 30. Tutti pugnarono da eroi: tutti mostrarono che quando viva ed ardente è la carità di patria, dolce riesce il sagrifìcio della vita, -

A tale proposito non possiamo fare altro omaggio al valore dei nostri bravi, che ripetendo un brano di lettera scritta dal General Garibaldi al Ministro della guerra:
Tutti i Corpi, che hanno combattuto in questo giorno, si sono resi immensamente benemeriti della patria. - Un distaccamento di linea, la prima legione romana, il battaglione universitario, la legione Arcioni, il battaglione de' reduci, e la prima legione italiana hanno rivalizzato in valore, - l Capi uffiziali ed i militi di quei Corpi hanno meritato la gratitudine dell' ltalia, ed il titolo di valorosi. - Molte armi, tamburi ed altri oggetti di guerra sono rimasti in,nostro polere, Nè deve dimenticarsi la. virtù degli uffiziali sanitari delle nostre ambulanze, sollecite raccogliendo pei campi feriti, ai quali sonosi prodigate come si prodigano negli ospedali per opera delle signore assistenze veramente fraterne: e nel dolore delle perdite ci è grato il dire che fra gli stessi Francesi molti prima di soccombere han dichiarato di morire col rimorso di aver combattuto dei fratelli repubblicani, ed i salvati, imprecando contro il loro governo, non sanno altrimenti gratificarci delle assidue cure di cui sono l'oggetto che ripetendo spesso come fanno i loro compatriotti prigionieri - Viva la Repubblica Romana.

In fine un profondo sentimento di riconoscenza c'impone l'obbligo di tributare all'italianissimo Generale Avezzana una parola di encomio sempre inferiore a quella immensa patria carità, che gli fa provvedere a tutte le esigenze del grave Ministero affidatogli con una tenace perseveranza e con una infaticabile alacrità, che sarebbero prodigiose anche in un giovane. Sin dal primo apressarsi del nemico, seguito da una parte del suo Stato Maggiore (giacchè molti altri uffiziali dello stesso erano destinati alle porte per dirigere i Corpi che le difendevano), il Generale Avezzana percorse successivamente i luoghi attaccati, e colla voce, e coll'esempio portando al colmo l'universale entusiasmo del popolo che chiedeva armi, e delle milizie valorosamente combattenti, assicurò il trionfo della giornata, e l'onore del paese. In questa aggressione la Francia, sacrificata da un governo nemico dei veri interessi del suo paese, ha fatto delle immense perdite più morali che materiali. Essa ha perduto su noi ogni influenza politica: essa ha perduto ogni diritto alle nostre simpatie: e se la giustizia della nostra causa ci ha dato tanta energia di vincere il soldato più bellicoso, noi abbiamo adesso la profonda convinzione, di potere lottare con gloria e successo contro tutti i nemici della Repubblica e dell'Italia.
Triunviri
CARLO ARMELLINI
GIUSEPPE MAZZINl
AURELIO BAFFI

Storia della rivoluzione di Roma e della restaurazione del governo pontificio dal 1 giugno 1846 al 15 luglio 1849 - Giuseppe Spada

1 maggio 1849: i resoconti della battaglia

Oudinot partì colla sua Divisione da Civitavecchia nella mattina dei ventotto di aprile, giunse nella sera a Palo e nel giorno seguente a Castel di Guido. Nella mattina dei trenta proseguì la marcia verso Roma. Al bivio dell'antica via Aurelia spedì a destra Picard, Capo di Battaglione con un distaccamento di duecento e cinquanta uomini verso porta San Pancrazio, e per la odierna via consolare si avvicinò a Roma. Lo Stato Maggiore aveva trascurato di provvedersi delle recenti piante corografiche delle vicinanze della città, contentandosi di un'antica carta del Lazio, ne si era curato di prendere guide pratiche del terreno. Il Generale Mollier comandava la destra ed il Generale Lavaillant la sinistra. Essi avevano l'istruzione di assaltare le porte Cavalleggieri ed Angelica, che sono alle falde del Vaticano e riunirsi sulla piazza di San Pietro. Il Generale Avezzana, Ministro della Guerra e Comandante supremo delle armi romane, divise le truppe del presidio in quattro Brigate e le collocò nell'ordine seguente: la prima, comandata da Garibaldi fuori le mura dalla Porta Portese a quella di San Pancrazio; la seconda sotto gli ordini di Masi Colonnello, occupava le mura del Vaticano dalla porta Cavalleggieri all'Angelica; la terza comandata da Savini Colonnello formava la riserva in piazza Navona, e la quarta, posta sotto gii ordini di Galletti Colonnello, era similmente in riserva sulle piazze di Santa Maria in Vallicella e dei Cesarini. Il generale Galletti coi Carabinieri ed il Maggiore Avezzana coi Bersaglieri Lombardi formavano Corpi staccati, e furono collocati presso il ponte di Sant'Angelo e sulla piazza di San Pietro, pronti ad accorrere ove fosse d'uopo. Fu inviato sul Monte Mario un distaccamento di Finanzieri mobilizzati per osservare i movimenti degli assalitori. Il Comandante della avanguardia Francese (come di poi raccontò allo Scrivente) aveva avuto istruzione dal Generale in Capo di avanzarsi sulla strada consolare, colla avvertenza che avrebbe trovato una porta , vi entrasse. Giunto però alle ore dieci antimeridiane alla vista del bastione di Santa Marta, fu respinto a cannonate. Sorpreso da tale ostilità svolse la sua colonna in Bersaglieri e retrocedette ad avvertirne il Generale. Allora le truppe francesi furono collocate attorno alle mura del Vaticano, e sulla vetta si misero in batteria due cannoni di campagna per rispondere a quelli della piazza. Da tali movimenti ne derivò un fuoco di artiglieria e moschetteria tra i Francesi sparsi per la campagna ed i Romani riparati dietro le mura. Gli assalitori spinsero la loro ala sinistra verso la Porta Angelica, e nell'antica carta che avevano essendo segnata la Porta Pertusa, la cercarono
per tentare di penetrarvi, ma inutilmente, essendo essa chiusa da più di due secoli. Sulla destra Picard respingendo i nemici, si avvicinò alla Porta San Pancrazio e l'assaltò a schioppettate, per operare una diversione all'ala sinistra. Sentendo quindi dall'interno delle mura canti e suoni giulivi ( fra' quali l'Inno Marsigliese) suppose essere stata presa la città e desistette dalle offese. Allora vari soldati Romani, o ingannati dalla pacifica attitudine de' Francesi, o tentando di sedurli , misero gli elmi sugli schioppi e gridando: « Siamo amici, siamo fratelli - pace pace » corsero ad abbracciarli. Tale dimostrazione confermò il Picard nella sua supposizione, e lasciato il distaccamento ad una casa campestre ( di un Tanlungo) entrò solo in città per prendere gli ordini dal Generale. Ma giunto sulla piazza della Fontana dell'acqua Paola, fu circondato tumultuariamente ( lo Scrivente vidde quest'atto col cannocchiale dal pendio del Quirinale) e fatto prigioniero. Lo stesso accadde nel tempo medesimo al suo distaccamento. Sul declinare del giorno i Corpi di riserva si avanzarono a rafforzare le Brigate di Masi e di Garibaldi. Questi coi suoi Bersaglieri molestò in vari punti l'ala destra francese e ne seguirono diverse scaramuccia. Intanto attorno alle mura del Vaticano si continuò l'inutile combattimento sino al cadere del giorno. In fine Oudinot vedendo che la sua dimostrazione non aveva indotto i Romani ad aprirgli le porte, si ritirò fuori dal tiro del cannone. Alle due dopo la mezza notte retrocedette , senza essere perseguito , verso Castel di Guido, dove rimase nei due primi giorni di maggio. Ai tre si recò a Palo

Annali d'Italia dal 1750 - Antonio Coppi

L'antica storia della Repubblica romana serbò ricordato il nome dei soldati che caddero combattendo per la patria. Noi, devoti alle nostre più care tradizioni, cercammo di raccogliere i nomi di quelli che durante l'assedio di Roma posero la loro vita per la libertà. Non pochi di que' nomi andarono perduti, malgrado le nostre cure e sollecitudini per rintracciarli. Il soldato della libertà sorge dal popolo ignorato, combatte e muore senza far pompa d' un nome

Morti nel combattimento del 30 aprile.
Ufficiali.
Narducci Paolo di Roma, lenente in 2" d' artiglieria, giovane di belle speranze.

Pallini Enrico, tenente aiutante maggiore dello stesso corpo.

Leduck Adolfo, capitano del 5° reggimento eli fanteria, belga di patria, italiano d'affetto. Morì colpito al petto e propriamente sulla medaglia ottenuta per la guerra nella Venezia.

Montaldi Alessandro, capitano della Legione italiana, comandata dal generale Garibaldi.

Righi N., tenente nella medesima Legione.

Trisokli Giuseppe di Milano, tenente nella medesima Legione.

Zamboni Antonio, veneto, tenente ne' Lancieri di Masina.

Grassi Gio. Battista di Bergamo, sottotenente
della Legione suddetta.

Negri N., di Milano, aiutante dell'Arcioni, comandante la Legione degli Emigrati.

Sott Ufficiali, Comuni e Cittadini.

— Della Legione Universitaria:
i due fratelli Archibugi di Ancona, Farinelli Nicola di Ancona, Tommasini Pietro.
— Del reggimento dell'artiglieria: il brigadiere Della Vedova Luigi di Roma, Fiorini Angelo di Terni, Foschi Giovanni di Ravenna, De Bernardi Luigi di Ancona. Lucchini piego di Ancona.
— Della Legione italiana: Bernardi Luigi di Roma, Falchignoni N. di Milano, Loratini' N., Masi N., Bernardi Pietro di Bologna, Bandinelli N., Molini Antonio di Milano, il caporale N, Marchignoli N., Zanni Giovanni Battista di Bologna.
— Del 1° reggimento di fanteria: Lucchi Giovanni di Cesena, Molinari Mariano di Forlì, Pellicani N. romagnolo.
— Del 5° reggimento: Lodovick N. croato.
— Della Legione dei Finanzieri mobili: Fenati N. di Roma.
— Della Legione degli Emigrati: il caporale Domenico Ricci, Quirelli N. di Brescia.
— Della Legione de' Reduci: Corsi Ferdinando di Roma, Gaetanelli Antonio di Roma.
— Della Guardia Nazionale: Vecchioni Virginio di Roma.
Cittadini : Battini Diego di Roma, Ruggeri Andrea di Roma, falegname

FELICE VENOSTA: ROMA E I SUOI MARTIRI (1849) - 1863