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ANDREA PAZIENZA

ANDREA PAZIENZA

Andrenza, Paz, Spaz, Apaz sono solo alcuni dei modi con cui Andrea Pazienza firmava i suoi disegni. Una delle massime più divertenti di questo artista, scomparso nel giugno 1988 all'età di trentadue anni, recita: "La pazienza ha un limite. Pazienza no!". Non è facile raccontare Andrea Pazienza: paradossalmente è come cercare di raccontare i fuochi d'artificio o un quadro di Picasso. Improvvisamente ci si accorge di quanto il gioco a incastro delle parole possa essere limitato, di quanto il mistero delle emozioni possa essere indescrivibile.
Andrea Pazienza era una fonte di emozioni. Conoscerlo significava capire subito che il centro del mondo passava sotto i suoi piedi. Sia che parlasse sia che disegnasse. Pazienza era un grande orchestratore di emozioni; la banalità non lo interessava, la parola abitudine non rientrava nel suo vocabolario. Vederlo disegnare era come assistere a uno spettacolo; sorprendevano la rapidità e l’incisività del suo segno, ma anche la capacità di passare dal dramma alla commedia. Andrea Pazienza, insomma, rideva e faceva ridere, si commuoveva e faceva commuovere, s'inquietava e faceva inquietare. Il tutto avveniva con grande naturalezza, con la spontaneità di chi non ha bisogno di spiegare. Gli occhi di Pazienza erano occhi da visionario, filtravano e plasmavano la realtà con la stessa innocenza con cui un bambino si cimenta con la plastilina. Sembrava quasi che la realtà si divertisse a farsi rimodellare da questo disegnatore che sapeva dialogare indifferentemente con la fisicità e l'illusione dell'arte. Una delle parole più usate per definire l'arte di Paz è stata trasgressione; in molti pensavano che fosse una sorta di maestro di cerimonie di questa pratica, fin troppo frequentata, che tende principalmente a creare stupore. In realtà Pazienza si divertiva con i postulanti e i pellegrini della trasgressione come un burattinaio si diverte con i propri burattini. Rileggendo le sue storie ci si accorge di come tutto fosse subordinato alla sua immaginazione, libera, senza regole, senza compromessi, senza gli schemi narrativi, riconducibili ai filoni del bene e del male. Per Pazienza la cosa più importante era soddisfare il proprio istinto, le proprie intuizioni.
In questo senso non c'erano ostacoli che potessero fermarlo, di nessun genere, men che meno quelli di carattere ideologico. Andrea Pazienza è passato sul pianeta che ci ospita come una meteora, tutti pensano di averlo conosciuto e capito, tanti ostentano un'amicizia esclusiva. Probabilmente la verità è che chi lo ha conosciuto ha vissuto un frammento di Paz, un frammento da rubare, da possedere come si può possedere una poesia che si ama. I frammenti sparsi da Pazienza sono tantissimi, sia come artista sia come uomo. Riuscire a riunirli come in un mosaico è un sogno da non coltivare perché impossibile; Andrenza infatti ha tenuto i frammenti più importanti per sé. Un'altra componente essenziale dell'arte di Andrea Pazienza era il gioco di cui sembrava conoscere anche i misteri più profondi. Probabilmente tutta la sua vita e la sua arte vanno rilette come un grande gioco, in cui si è immerso totalmente proprio per guardare in faccia la vita. Nessun dettaglio sembrava sfuggirli e quando lo si incontrava si rimaneva sempre un po' storditi dalla vitalità che emanava, da come riusciva con rigore a sperperare le energie nei variegati orizzonti della sua arte, di cui il fumetto era solo il punto di partenza. Il fumetto probabilmente stava all'arte di Paz come il cemento sta ad un grattacielo. In ogni piano di questo immenso grattacielo. Pazienza si divertiva a costruire storie e ambienti che partivano dal fumetto per poi oltrepassare i confini delle nuvole parlanti ed espandersi in varie direzioni, dalla scenografia all'illustrazione, dalla pittura al disegno.
In qualsiasi campo si muovesse, Spaz aveva la capacità di spiazzare, di disorientare e incantare gli spettatori delle sue visioni. Tutti i miraggi con lui potevano diventare concreti, scavalcare la dimensione dell'illusione. Qualche anno fa Hugo Pratt definì il fumetto: letteratura disegnata; penso che tutto sommato sia proprio la definizione migliore per avvicinarsi al mondo di Pazienza; un mondo popolato da personaggi come Zanardi e Pompeo, solo per citarne alcuni, che pulsano emozioni indistruttibili. Di fatto Pazienza ha saputo raccontare i sogni, i deliri, l'inquietudine, la gioia del nostro tempo con la sincerità e l'innocenza della poesia. Una volta mi disse: "Zanardi è cattivo come lo può essere un ripetitore Rai", proprio perché questo personaggio è una sorta di cartina al tornasole dei nostri giorni, dei sentimenti che accompagnano il nostro scorcio di avventura umana. Con Mauro Paganelli abbiamo vissuto molti momenti della vita di Andrea Pazienza; sono momenti che appartengono al nostro privato ma che avevano sempre come finale le frase: "Meno male che c'è Paz", perché in qualche modo riusciva in quei momenti a contagiarci e a illuminarci. Inutile negarlo, adesso ci manca e soprattutto ci rattrista il fatto che si sia spenta la sua energia creativa. È curioso che in un paese come l'Italia, in cui i premi vengono distribuiti come le noccioline alle scimmie. Pazienza non abbia mai avuto un premio delle manifestazioni fumettistiche, ma forse è meglio così, altrimenti verrebbe meno la regola che vuole che i grandi artisti, chissà poi per quale imbecille teorema matematico, debbano essere riconosciuti solo dopo il finale. Allora le palpebre sembrano aprirsi e i paroloni, le interpretazioni fanno la schiuma. Adire il vero due premi Pazienza li ha vinti. Il primo all'età di dodici anni; si trattava di un concorso di pittura dove dovette dimostrare alla giuria incredula di aver fatto lui il quadro. Il secondo lo ha vinto di recente alla Rassegna della canzone d'autore di Sanremo, organizzata dal Club Tenco, dove Paz è stato protagonista di notti memorabili con Guccini, Benigni, Riodino. Bigi. Detto questo, c'è solo da augurarsi chel'enfasi della memoria sia clemente con Andreanza, e soprattutto gli risparmi le considerazioni e le iniziative dei famosi intellettuali alla ricerca dell'alibi perduto. Speriamo, invece, che cominci l'opera più importante e cioè la riunione di tutto il materiale creato da Pazienza: scritti, fumetti, scenografie, illustrazioni, dipinti, perché questo è l'unico modo per rispettare le invenzioni di questo artista che non devono essere disperse. In questo senso sta già lavorando la moglie Marina, anch'essa disegnatrice, affinchè venga costituito un archivio Pazienza. Stefano Benni ha scritto la cosa più giusta su Pazienza e cioè lo ha definito un maestro del disegno e della scrittura moderna; a questo pensiero aggiungerei solamente che nessuno come lui ha saputo fare della vita una fiaba da raccontare nelle notti in cui ci viene la voglia di riannodare il bandolo della matassa.

Vincenzo Mollica

Tratto da Sturiellet di Andrea Pazienza 1988 Editori del Grifo