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Chiesa della Madonna ai Monti

Chiesa della Madonna ai Monti
Chiesa della Madonna ai Monti

Fu fatta questa chiesa del 1579 sotto Gregorio XIII con l' architettura di Giacomo della Porta, come anche la facciata, la sagrestia, ed altre stanze per le grandi elemosine di persone pie, che ivi mantengono molti sacerdoti, ed altri ministri, essendo unita alla compagnia de' Catecumeni, col bel palazzo fatto fare dal card. s. Onofrio per il collegio de' Neofiti, con l' assistenza di Monsig. Diomede Varese, architettato daGasparo de' Vecchi.
Tutta la cappella di s. Carlo, che è la prima a man destra nell' entrare per la porta principale, colorita con diverse istorie, è pittura di Giovanni da s. Giovanni; come anche sopra la cappella di fuori il Redentore, che chiama s. Pietro, e s. Andrea; e le nozze di Cana Galilea sopra la porta di fianco sono del cav. Guidotti.
Nella seconda cappella è sull' altare una Pietà, copiata da quella di Lorenzino da Bologna, che sta nella sagrestia di s. Pietro, da Antonio Viviano; e da uno de' lati la flagellazione di Cristo è di Lattanzio Bolognese; il portar della Croce, del Nogari; e la resurrezione del Salvatore con altre pitture per di fuori a fresco è di Gio. Batista Lombardelli della Marca.
Le tre istorie di Maria Vergine nella tribuna, con li quattro Evangelisti ne' triangoli della cupola, e da uno de' fianchi l' Annunziata, dall' altro la Concezione di Maria, son tutte di Cristofano Consolano; e le pitture nella cupola sono de' medesimi maestri. Fra le altre l' incoronazione di Maria Vergine, e la visitazione di s. elisabetta sono opere di Baldassarino Croce da Bologna: e l' Assunzione fu condotta dal cavalier Guidotti; li due angioli di stucco sopra l' arco della cappella de' signori Bianchetti, sono del Buonvicino Milanese; e gli altri, di diversi.
La cappella, che segue, passato l' organo, altro nell' altare il quadro con la natività di nostro Signore, colorito dal Muziani. Il Baglioni nella Vita del Muziano pone questo quadro nella cappella Bianchetti. Le storiette nella volta, e le due da' lati a olio son del Nogara. Ne' plastri li profeti, e sopra l' arco l' incoronazione di Maria Vergine fatte a fresco son opere di Cesare Nebbia.
L' ultima cappella ha l' Annunziata, e dalle bande alcuni Apostoli, e nella volta alcune operette a fresco con quella sopra alla cappella, dove è nostro Signore, che porta la croce, tutte opere assai ben formate da Durante Alberti dal Borgo. Il portar della Croce è dallo stesso Baglioni a cart. 88 è attribuito al Nogari, ed è posto nella cappella dirimpetto a quella della Natività suddetta. E a cart. 118 attribuisce quello di questa cappella all' Alberti.
L' Ascensione di Cristo con Maria Vergine, gli Apostoli, ed Angioli dipinti nella volta della chiesa, e nelli fianchi di essa, li quattro Dottori della chiesa Latina, e nelle lunette alcuni Angioli, come anche sopra la porta principale, e per di dentro li due profeti grandi, sono opere tutte a fresco condotte con buona pratica dal Consolano, dove si vede, che ha imitato assai la maniera del suo maestro Pomarancio. Il lavatojo di sagrestia per li sacerdoti fu fatto col disegno d' Onorio Lunghi.

Gentileschi, Orazio
(Pisa 1563 - Londra 1639). Figlio dell’orafo fiorentino Giovanni Battista Lomi e fratello minore di Aurelio Lomi – con il quale apprese presumibilmente i primi rudimenti di pittura assunse il cognome G da uno zio materno che ricopriva la carica di capitano delle guardie di Castel Sant’Angelo a Roma, presso il quale si trasferí tra il 1576 e il 1578. Non si hanno notizie precise circa i suoi esordi nell’arte, che il Baglione colloca nel pontificato di Sisto V: G avrebbe partecipato, secondo il biografo, alla decorazione della biblioteca Sistina (1588-89), a fianco quindi di pittori di diversa estrazione e cultura, ma tutti «assimilati » dallo stile imposto dagli imprenditori Cesare Nebbia e Giovanni Guerra. Alcuni tra di essi si ritroveranno, di lí a qualche tempo (1593 ca.), ad affrescare le Storie della Vergine nella navata centrale di Santa Maria Maggiore, dove spetta al G la spenta e danneggiata Circoncisione. Fu questa la prima commissione di rilievo in un’attività il cui avvio, lento e in apparenza faticoso, venne accompagnato da piú modesti incarichi come medaglista, cui seguirono nel 1596 la pala della Conversione di san Paolo per l’abbazia benedettina di San Paolo fuori le mura (perduta, nota da un’incisione di G. Maggi e J. Callot), e nel 1597-99 gli affreschi e le tele (Sant’Orsola, Crocifissione di san Pietro) per un altro luogo benedettino, l’abbazia di Farfa. In tutte queste opere G, benché in età ormai matura, non esibisce una sua propria individualità pittorica, anche se non è difficile cogliere nel suo stile qualche riflesso della cultura dei «controriformati» toscani (particolarmente importante risultò, per l’evoluzione successiva del suo percorso, la sobria e meditata, oltre che stilisticamente controllatissima, pittura religiosa di Santi di Tito). Tanto piú sorprendenti appaiono quindi i quattro Angeli musicanti che G affrescò a metà circa del 1599 nella cupola della chiesa romana della Madonna dei Monti, in un cido, come i precedenti – e come quello del transetto di San Giovanni in Laterano, dove in quello stesso 1599 esegue un San Taddeo – condotto a termine in pochi mesi da un’équipe di manieristi. Perduta la decorazione della calotta absidale di San Nicola in Carcere (1599, completamente ridipinta nel secolo scorso), le quattro figure angeliche della Madonna dai Monti, spregiudicatamente disposte a cavalcioni delle nubi, con le membra tornite da una luce limpida e già inconfondibilmente «gentileschiana» e le capigliature scomposte da un vento inteso come reale, stabiliscono la risoluta adesione del pittore al nuovo naturalismo caravaggesco. I suoi rapporti personali con Caravaggio furono tuttavia discontinui e talvolta tesi, come risulta dagli atti del processo Baglione (1603); peraltro, anche stilisticamente G mantenne una sua propria autonomia. Del Merisi egli guardava soprattutto i dipinti «chiari», in un’ottica persistentemente toscana, piú insistita nelle opere raggruppate entro il primo lustro del Seicento

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