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Chiesa di San Nicola in Carcere

Chiesa Di San Nicola In Carcere
Chiesa Di San Nicola In Carcere

Via del Teatro di Marcello, 46, 00186 Roma, Italia

Orario
tutti i giorni 10.00-17.00
Orario Messe Festivi: 12.00 Feriali: 7.30 08.00 17.00

La chiesa fu edificata sopra le rovine di due antichi templi romani. Una leggenda assai diffusa nel medioevo, racconta che uno di questi templi fosse dedicato alla Pietà, per avere quivi una matrona romana nutrito sua madre, che era tenuta in prigione e condannata a morirvi di fame, col latte delle sue mammelle. Ma se bene il tempio fosse veramente della Pietà, fu invece eretto a questa Dea nel 604 di Roma da Acilio Glabrione per la Vittoria riportata alle Termopili, contro Antioco. La trabeazione in peperino a sinistra e le due colonne della facciata sono avanzi di quell'edificio. In quanto all'altro tempio è incerto se fosse quello della Speranza o di Matuta. Il titolo della chiesa - in Carcere - le deriva da una prigione romana che vi era nelle vicinanze e di cui si trova menzione fino al pontificato di Adriano I (772 - 95) come è riferito nel Libro pontificale. La chiesa è di origine antica ed è stata uno dei primi titoli di cardinale diacono: il primo dei suoi cardinali di cui è serbata memoria è Crisogono che fu nominato da Pasquale II nel 1106. Nel 1128 la chiesa fu restaurata e riconsacrata da Onorio II e nel 1280 da Nicola III (Orsini). Nel 1599 il cardinale Pietro Aldobrandini la riedificò dalle fondamenta riducendola allo stato attuale con architettura di Giacomo della Porta. Un ultimo restauro fu ordinato nel 1880.

Interno. - E a tre navate divise da 14 colonne che appartennero ai templi già menzionati. Nella seconda colonna a destra: epigrafe del secolo ix che ricorda una donazione di due paia di buoi, cinque giumenti, trenta pecore, dieci maiali e ventisei libbre di rame fatta da un maggiordomo Anastasio. - In fondo alla navata di destra: sepolcro del cardinale Giovanni Battista Rezzonico (1783) - Lapide del 1088 contenente la lista dagli immobili offerti alla diaconìa da un suo rettore. Tribuna: gli affreschi sono di Orazio Gentileschi. Nell'abside: Allegoria di Vincenzo Pasqualoni che vi dipinse i ritratti di Pio IX, Vespignani, Tenerani e Minardi. L'altare è formato da una urna di porfido con teste di Gorgoni, nella quale urna sono chiusi i corpi di Marcellino, Faustino e Beatrice. - Crocera: Le storie di S. Nicola di Marco Tullio Montagna - A sinistra: cappella del Sacramento: La Cena di Cesare Baglioni.

Dirigersi al sacrestano per visitare i sotterranei dove sono gli avanzi degli antichi templi.

Diego Angeli

S. NICCOLÒ IN Carcere Tulliano

Sulle ruine di due antichissimi tempî romani sorge quest' insigne diaconia. Si favoleggiò che quegli avanzi appartenessero al tempio della Pietà, che Roma repubblicana avrebbe edificato in onore di una matrona che col suo latte nutriva il padre condannato in quel luogo. Quelle ruine spettano invero ad un tempio della Pietà, eretto nel Foro Olitorio l' anno 604 di Roma, ma votato alla Pietà da Acilio Glabrione per la vittoria da lui riportata contro Antioco alle Termopili, tempio che fu però dedicato dal figlio del vincitore. Avanzi nobilissimi restano ancora dell' edifizio, cioè la trabeazione in pietra albana (peperino) nel lato sinistro esterno della chiesa attuale di s. Niccolò, e due colonne nell' angolo sinistro della chiesa medesima; restano inoltre le magnifiche sostruzioni in grossi paralellepipedi pur di pietra albana sotto la chiesa che nel medio evo furono ridotte ad uso sacro. Quei sotterranei fino dal secolo XIV furono giudicati gli avanzi d' un carcere che poi con confusione del vero tullianum nelle latomie del Campidoglio, onde poi ebbe origine la leggenda anzidetta. Questa denominazione risale almeno al secolo XIV; infatti non solo nel codice di Torino, ma la trovo anche in altri documenti, come risulta dal seguente dell' archivio di Avignone.

Collatio canonicatus et praebendae ecclesiae s. Nicolai in carcere Tulliano de Urbe per Angeli Dominici Petri Leonis de Pierleonibus resignationem permutationis causa in canonicatum et praebendam basilicae Principis Apostolorum de eadem urbe vacantium pro Urso Neapoleonis ac filiis Ursi.

Oltre il tempio della Pietà, restano pure le tracce nel sito medesimo con altro tempio incerto, creduto da alcuni della Speranza, da antichi di Matuta. Non è però del tutto estranea alla storia la denominazione in carcere, attribuita fino dalle sue origini a questa antichissima diaconia. Plinio scrive infatti che un carcere esisteva veramente in quelle adiacenze, da non confondersi certamente col tulliano: et locus ille eidem consecratis deae C. Quinctio M. Acilio Coss. Templo Pietatis extructo in illius carceris sede ubi nunc Marcelli theatrum est. Di quel carcere durò la reminiscenza anche nei secoli più inoltrati di Roma cristiana, poichè è mentovato nel libro pontificale nella biografia di Adriano I.

Le parole del citato libro sono le seguenti: deductisque elephanto in carcerem publicum illic coram universo populo examinati sunt. Ora, è noto che in mezzo al Foro Olitori (piazza Montanara) sorgeva il simulacro dell' elefante erbario e la contrada perciò era detta ad elefantum. Quindi mi sembra probabilissimo che le parole del libro pontificale accennino ad un carcere situato poco lungi dalla nostra chiesa di cui tuttora ritiene la denominazione. Presso la medesima sorgevano nel XII secolo i palazzi della celeberrima famiglia d' origine giudaica dei Pierleoni, i quali sparirono negli ultimi secoli; ma il nome di portaleone della località vicina ne ricorda tuttora il sito. Il Panvinio nella prefazione alle sue Sette Chiese, dove parla dell' origine de' Diaconi Cardinali, pone la diaconia di s. Niccolò in Carcere tra le diciotto che egli crede istituite ai tempi del magno Gregorio. Ma il primo diacono di tot titolo di cui il nome ci sia pervenuto è Crisogono, sotto Pasquale II nel 1106. Anche Niccolò III fu già cardinale diacono di s. Niccolò in Carcere; poi, divenuto papa, restaurò la chiesa. In un' epigrafe, oggi perduta, leggevasi la seguente memoria:

HAS DE VRSINIS FECIT POSTES LEVITA IOANNES

Prima di Niccolò III v' avevano posto le mani Felice IV e Bonifacio IV. Più tardi, nel secolo XV, fu di nuovo rinnovata da Alessandro VI. Allo stile odierno fu ridotta nel 1599 dal cardinale Pietro Aldobrandini, che la restaurò con i disegni di Giacomo della Porta.

La chiesa mantiene nell' interno la sua forma basilicale, essendo divisa in tre navi da due ali di colonne, sette per lato, appartenute già, come sembra, ai due o tre tempî di cui si è fatto sopra menzione. Il magnifico ciborio di mezzo è sostenuto da quattro colonne di portasanta e sotto l' altare, in una magnifica vasca balneare di basalte verde, si venerano le reliquie dei ss. Marcellino, Faustino e Beatrice.

Il Terribilini, nel suo diario che ho trovato in una miscellanea dell' archivio vaticano, narra che nella confessione della chiesa v' era dipinto un antichissimo crocifisso.

Nella Confessione antica di s. Nicola in Carcere v' era un crocifisso dipinto et hora consumato dal tempo con quattro chiodi. Me lo ha detto Migliorini canonico di quella chiesa. — Così il citato diarista.

Due pregevolissime epigrafi cristiane si conservano nella medesima confessione; l' una è riprodotta dal Bruzio, ed è la seguente:

PETRONIA PRIMITILLA PETRONIO C L. EPAPHRODI

TO FILIO CARISSIMO QVI VIXIT ANNOS VII

DEFECIT (?) IN PACE

Assai più insigne è la seconda iscrizione scolpita dopo il secolo XVI, che il Grutero descrive in basi ad aram: PAX TECVM FELIX.

Il Ciacconio dice che quest' epigrafe era scolpita sopra un' ara marmorea. Rarissime, nota il De Rossi, sono queste epigrafi sopra cippi della goffia delle are sepolcrali pagane, e questa di s. Niccolò è uno dei pochissimi esmpi di siffatta classe eccezionale e vetusta di monumenti cristiani. Nella parete destra della chiesa v' ha infissa un' antica lapide dell' anno 1088 contenente il catalogo dei doni offerti alla diaconia da un suo rettore ai tempi di Urbano II. Ecco il testo dell' epigrafe:

"Ego Romanus Presbyter divine dispensationis gratia sanctissimi confessoris Christi Nicolai ecclesie, que in Carcere dicitur, procurator, vel rector, decerno, et firmiter statuo, ut quecumque bona, tam ex parentibus meis, quam ex multis amicis divinae bonitatis largitione acquisivi, vel que hactenus possidere videor, predicta sancti patris Nicolai ecclesia pro salute anime mee post obitum meum perpetuo iure possideat, hec scilicet — Aquimolum unum. Unam pedicam terre, quam emi cum monasterio S. Marie in Aventino. Aliam pedicam quam emi ad Alberto Cimoviensi. Item pedicam, quam emi a Crescentio filio Zenonis de Sergio; similiter terram, quam emi simul cum Pantano a rustico filio Ioannes Irsuti, et terram, quam emi a Georgio fratre predicti Rustici. Item duas pedicas, quas emi cum ecclesia s. Marie in Campo Martio. Item quidem iste omnes sunt in Mustacciano. Item in casa Ferrata terram, quam cum vineis suis emi a Stephano de Paulo, et terram, quam acquisivi a Boccone cum horto in territorio vocato albanensi ad cantarum quatuor. Pedicas vinearum similiter tres. Domum unam, quam emi ab Eudone. Aliam, quam modo habito. Aliam, quae intra se puteum continet. Item unus pluvialis. Unum optimum, atque integrum paratum, dalmatica una, tunica una, tres albe cum tribus stolis, et manipulis, et amictibus, atque cinguli. Item quinque libri de pratico moralia Iob, Beda super Psaltreium, liber Profetarum, liber Sermonum, unus liber Concordie, liber Manuales, unus calix argenteus cum patena. Crucem argenteam unam. Unum integrum paratum, minoris pretii. Ex iis autem bonis quiscumque meo studio, vel labore, vel quolibet modo dicte ecclesie sua bonitate largitus est Dominus mei temporis regimine fideliter et devotissime omnia istituita, que subscribuntur prparare studui. In Mustacciano pedica una de terra. In Casa Ferrata XI horti cum quatuor petiis vinearum. Item ad sanctam Mariam, que appellatur in pariu VII petie vinearum; et in albanensi territorio ad cantarum quatuor petie vinearum. Una domus, quae fuit Ioannis de Ghisio. Item alia domus, que est sub domo Theiphulati Manducafarina. Similiter alia domus, quae fuit Eudonis. Item textus Evangeliorum cum tabulis deauratis. Una crux, et unus calix argenteus et due turibula, et dorsale, et solcrorum, et due casselle argentee, et duo parata integra. Unius Aquimoli mediatas in Insula in Macello. Angasteria quatuor.

"Quicumque igitur sacrorum Canonum transgressor, vel violator, et sancte religionis inimicus tremendum Domini iudicium non pertimescens, aliquid ex supradictis bonis a sancti Nicolai ecclesia quolibet modo alienari praesumpserit, excepta pauperum causa tempore famis, omnipotentis Dei, et beatorum apostolorum Petri, et Pauli, et beatissimi Nicolai cuius res agitur, et omnibus communiter; nec non domini Urbani pape, atque omnium romanorum pontificum iudicio una cum catholicis omnibus, quorum consilio, et auxilio anathema hoc composuimus, non solum a corporis, et Sanguinis Domini perceptione eum separamus, sed etiam a sancte Ecclesie liminibus in presenti, et in futuro excludimus, ed a totius christianitatis societate eum sequestramus, et perpetuo maledictionis anathemate illum constringentes cum diabulo, et angelis eius omnibus reprobis in eterno supplicio condemnamus, nisi resipuerit. Fiat, fiat, fiat. Amen."

Nella seconda colonna, a destra entrando, che è di marmo cipollino, si vede scolpita la seguente epigrafe, assai più antica perchè è del secolo IX, la quale ci ricorda un' altra donazione:

† DE DONIS DI ET

SCE DI GENITRICI MARIE

SCE ANNE SCS SIMEON ET SCE

LVCIE EDGO ANASTASIVS MA

IOR DOMV OFERO BOBIS PRO NATA

LICIES BEST . BINEA TABVL . VI

Q . P . IT PORTV SEV

BOBES PARIA II IVMENTA S . V . PECORA

XXX PORCI X FVRMA DE RAME LIBRAS

XXVI LECTVS ITRAT V IN VTILITA

TE PBR SEVALEO LECTO SI TRA

TO AT MANSIONARIS EQVI

SEQVENTIBVS.

† IC REQVIESCIT IG ANTE.

Sotto Onorio II la chiesa fu di nuovo dedicata, cioè l' anno 1128, come abbiamo da quest' altro frammento che pur si legge in un marmo posto in fondo alla nave destra:

ANNO DNICAE INCAR

NATIONIS M . C . XXVII PON

TIFICAT . DNI HONORII II PP.

IIII . XII DIE MENSE MADII IND .

VI DEDICATA EST HAEC ECCLESIA IN

HONORE SANCTI . NICOLAI CONFESSORIS

. . . . . . . . . . . .

Fra le pietre sepolcrali di quell' epoca si conserva la seguente dell' anno 1370:

HIC REQVIESCIT CORPVS

S. ANDREAS BARTHOLOM

EIVS (sic) ALTRAMETI DICTVS

CAHETV QVI HOBIIT ANNO

DO . MCCC SEPTVAGESIMO

IN DIE XXVII IANVARII

Vi furono sepolti anche alcuni della famiglia romana dei Vastarelli, di uno dei quali trovo la seguente iscrizione scolpita in lastra marmorea intorno ad una figura muliebre:

IN NOMINE DNI AMEN ANNO MCCCXV IND. X MENSE MARTII

DIE XIX IN DIE VENERIS HIC REQVIESCIT D. MARIA VASTARDELLA

CVIVS ANIMA REQVIESCAT IN PACE.

Scrive il Torrigio che dietro la chiesa ve ne era un' altra piccola, che per la sua antichità fu demolita, ove si leggevano parecchie iscrizioni profane; quella chiesa era o quella di s. Lorenzo de' Cavallucci, o una chiesa di s. Caterina, di cui v' ha notizia nelle carte di quell' archivio all' anno 1482, ove si dice:

Simeon Sclavonius confessus est possidere domum terrineam et solaratam cum camera et mignanio in loco qui dicitur Portalioni cui retro est ecclesia s. Catharine hospitalis S. Mariae de porticu.

La chiesa è parrocchia ab antiquo, ed è collegiata fino dall' ottavo o nono secolo. In un documento del 1628 ho trovato lo stato della parrocchia in quell' anno: "Haveva 476 famiglie, 1877 anime, delle quali 1357 atte alla comunione, delle quali 1325 s' accostarono a Pasqua, v' ha nove meretricie (sic)."

Da pochi anni la chiesa è stata risarcita e riccamente restaurata. È accuratamente uffiziata dal suo benemerito capitolo e dal solerte suo camerlengo don Gabriele Tombolini, mio carissimo amico.

Nel codice di Torino è posta fra quelle della seconda partita: Ecclesia sancti Nicolai in carcere tulliano, diaconia cardinalis, habet sex clericos.

Armellini