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Chiesa di Santa Maria in Cosmedin

Chiesa di Santa Maria in Cosmedin
Chiesa di Santa Maria in Cosmedin

Piazza della Bocca della Verità, 18, 00186 Roma, Italia

Orario invernale: 9.30-17.00 (chiusura cancello ore 16.50)
Orario estivo: 9.30-18.00 (chiusura cancello ore 17.50)
Orario Messe: Domenica ore 10.30

Dirimpetto è situata questa antichissima chiesa, detta anche scuola Greca. Si crede essere stata eretta sulle rovine del tempo della Pudicizia Patrizia da s. Dionigi papa, e che sia stata la seconda chiesa dedicata in Roma alla Beata Vergine. Fu rifabbricata magnificamente, secondo l'uso di quei tempi, da s. Adriano I, e di poi ristorata da diversi sommi Pontefici; come più diffusamente si può vedere nella storia della medesima chiesa scritta da Giovanni Mario Crescimbeni. Clemente XI fece rimettere nel suo antico piano la detta chiesa, e fecevi la facciata col portico con architettura di Giuseppe Sardi; facendo abbassare la gran piazza, acciò corrispondesse a livello del piano della medesima chiesa, ed ornolla con una nobile fontana eretto nel mezzo della piazza.

All'altar maggiore vi sono quattro colonne di particolar granito rossigno, le quali sostengono il tabernacolo gotico.

l'antichissima imagine della Beata Vergine col Bambin Gesù di maniera greca, esposta nella tribuna maggiore, è ferma tradizione, che fosse quà trasportata da' Greci nella persecuzione delle imagini sotto Leone Isaurico.

Il coro d' inverno per i canonici è architettura di Tommaso Mattei, e le storie dipinte a guazzo sulle pareti laterali della cappella del coro suddetto, rappresentati San Giovanni Battista che battezza Gesù Cristo, e l'altra l'istesso Santo che predica nel deserto, sono opere di Giuseppe Chiari, col disegno del Cav. Carlo Maratta.

Nel muro a piè della chiesa da i lati della porta maggiore si vedono murate due grosse colonne scannellate di marmo greco d' ordine Corintio, ed altre tre simili situate alla sinistra, con altre tre a destra verso la sagrestia, ciascuna delle quali ha palmi dieci in circa di circonferenza, e sono avanzi del suddetto antico tempio della Pudicizia Patrizia, o del di lui portico.

Sotto il portico di questa chiesa è una gran pietra circolare di marmo rosso, dov' è scolpita una gran testa di bassissimo rilievo, che ha gli occhi, e la bocca traforata, di cui si racconta dal volgo una favola, cioè, che nella bocca metteva la mano chi giurava; e chi giurava il falso, non la poteva estrarre, e per ciò questa chiesa s' appella volgarmente la Bocca della Verità. È verisimile, che questo marmo fosse in mezzo a un cortile, postovi per chiusa d' una fogna, o chiavica, che dava sfogo all'acqua.

 Le schede informative sono tratte da Descrizione delle Pitture, Sculture e Architetture esposte in Roma di Filippo Titi stampato da Marco Pagliarini in Roma 1763

Santa Maria in Cosmedin

Secondo gli ultimi studi, fatti nel recente restauro, questa basilica si comporrebbe di tre edifici distinti e sovrapposti in epoche diverse. Il primo, e perciò il più antico, sarebbe stato un tempio a Cerere Libera e Libero di cui rimangono a tracce visibili nel sotterraneo che è opus quadratum di tufo rosso. A questo si sovrappose più tardi, o meglio si adattò, un grande edificio imperiale, una delle statio annonae, distribuite nei vari quartieri della città. E di una tale costruzione rimangono ancora al posto loro le colonne scanalate e gli archetti decorati di buoni stucchi del secolo iv. A cementare questa ipotesi fu rinvenuta, negli scavi del 1715 una base votiva al Divo Costantino Crepejo, prefetto dell'annona. Finalmente sugl'inizi del secolo vi, caduta in rovina la costruzione pagana si pensò di costituirvi accanto una anche perchè la chiesa simbolicamente aveva stabilito di creare le ovunque vi fosse una horrea publica, quasi per dar loro significato di nutrimento divino e per aiutare più facilmente i poveri della regione. Finalmente Adriano I nel 772, fatto distruggere il tempio pagano e l'edificio romano con grande spesa e grande impiego di braccia, col ferro e col fuoco - i lavori durarono più di un anno - ridusse il terreno intorno a una grande piattaforma su cui venne edificata la nuova chiesa. In quell'epoca i quartieri vicini al Tevere erano popolati di greci, scampati da Costantinopoli per le persecuzioni iconoclaste: il pontefice dette ai Greci la chiesa che fu allora chiamata in Schola Graeca da taluni e da altri in Cosmedin (secondo un appellativo che si ritrova nelle chiese ravennati e comune a quei popoli e a quei tempi, dal greco ?????? adornare) per la grande quantità di abbellimenti coi quali il pontefice l'aveva arricchita. In questa costruzione vi furono fatti i matronei, comuni alle chiese orientali, e le tre absidi che tuttora vi rimangono. Un secondo restauro l'ordinò Nicolò I (858). Nel secolo xi altri lavori vi furono eseguiti, di cui rimangono tracce nelle pitture murali e nella mostra marmorea della porta maggiore firmata Johannes de Venetia. Nel 1118, essendovi stato eletto papa Gelasio II (Gaetani) questi pensò di arricchirla con nuovi abbellimenti, che furono interrotti dalla sua morte ma proseguiti con amore da Alfano, camerlengo di Calisto II suo successore immediato. In questo restauro importantissimo, vennero chiusi i matronei, spostate le colonne, ricostruito il portico, elevato il campanile, adornate di nuove pitture le pareti, e messi in opera i lavori dei marmorarii Romani. Nel 1435 Eugenio IV (Condolmieri) donò la chiesa ai Benedettini. Nel 1513 Leone X (Medici) la tolse loro per costituirla in collegiata, finchè nel 1570 S. Pio V la trasformò in parrocchia. Nel 1715 Clemente XI. (Albani) abbassò il livello della piazza circostante fino al piano della basilica rimasta così interrata che per l'umidità risultante era difficile officiarvi tanto che esiste un certificato medico dell'epoca di Alessandro VII (1655, Chigi) col quale i canonici domandavano al papa di essere esentati da funzioni troppo lunghe in quella chiesa. Nel 1718 il cardinale Albani la decorò della nuova facciata che fu disegnata da Giuseppe Sardi il quale credè bene di aggiungere un orologio al campanile. Nel 1758, il cardinale De Lanceis ricostruì il presbiterio modificando l'antica Schola Cantorum e manomettendo gli amboni cosmateschi. Nel 1893 la Società d cultori e amatori di architettura, propose al cardinal De Ruggero, titolare di S. M. in Cosmedin e al Ministero della pubblica istruzione, un completo ripristinamento della chiesa, proposta che fu accettata dandosene incarico a una commissione di architetti composta, dei seguenti artisti: Bazzani, Boggio, Busiri, Caroselli, Ciavarri, Cozza, D'Amico, Kanzler, D'Avanzo, Mazzetti, Ojetti, Palombi, Passerini, Pistrucci, Retrosi, Stevenson, Tognetti, Zampi, e sotto la presidenza di G. B. Giovenale che divenne il direttore dei lavori compiuti nel 1899.Portico. - A destra della porta centrale: sepolcro di Alfano, camerlengo di Pasquale II e restauratore della chiesa (1123). Di fronte alla porta: due mascelle di balena, trovate sulle sponde tirrene, e appese come nel portico della chiesa. A sinistra: grande ruota marmorea a figura umana detta bocca della verità. Vuole la tradizione che nel medioevo si usasse giurare ponendo la mano destra nella bocca di quel volto smisurato, la quale bocca si sarebbe chiusa se il giuratore avesse asserito il falso. Questa tradizione, è ancora viva nel popolo ai nostri giorni. Ma sembra in verità che rimonti a una più antica origine. Il volto, sarebbe stato un antico puteale che conservava le acque sacre a Mercurio sulle quali venivano i mercanti del vicino Foro Boario a purgarsi dei loro spergiuri con una formula che ci è conservata da Ovidio:

Ablue praeteriti perjuria temporis, inquit:

Ablue praeterita perfida cerba die.

(Egli disse: Cancella gli spergiuri del tempo passato, cancella le cattive parole pronunciate durante il giorno).

Questo puteale fu quivi trasportato, dalla parete esterna dove si trovava, nel 1632 dal canonico Placidi.

Interno. - A tre absidi e tre navi divise da dodici colonne di granito adorne di capitelli tolti dall'antico tempio romano, meno quello della quinta colonna a sinistra che è bizantino del vi secolo. È, del resto, il primo esempio di basilica a tre absidi che si conti nella storia dell'architettura italiana. Nelle pareti, in alto, traccie di affreschi del secolo xi, che adornavano in origine tutta la chiesa. Altar maggiore: tabernacolo di Adeodato, quarto figlio del vecchio Cosma, come risulta dall'iscrizione DEODAT' ME FEC. (Circa l'anno 1294). Pergola marmorea in cui sono due plutei bizantini del secolo ix, adoperati più tardi dai marmorarii nel restauro di Pasquale II: uno adorno di pavoni, l'altro di gigli e d'intrecciature mistilinee. Ambone e pavimento del secolo xii: il cero pasquale fu aggiunto posteriormente. Nella base di esso vi è questo distico:

Vir probus et doctus Paschalis rite vocatus

Summo cum studio condidit hum cereum

(L'uomo probo e dotto, chiamato a buon conto Pasquale, con grande studio eseguì questo cero).

Però il solo leone è di Pasquale, il cero fu donato dal canonico Crescimbeni nel 1716, in sostituzione dell'antico che dicono trasportato a Firenze. A sinistra: Cappella del fonte battesimale, edificata nel 1727 dal cardinale Albani e dipinta dal Triga. L'urna di marmo, coi simboli bacchici, apparteneva probabilmente al tempio primitivo di Cerere e Libero - Cappella del SS. Sacramento edificata nell'ultimo restauro per mettervi l'altare che si trovava nella abside di destra. Absidi: pitture di Caroselli e Palombi (1899) imitate dagli antichi affreschi di S. Clemente. Nell'abside a destra: tracce delle pitture murali del secolo xi - I confessionali furono eseguiti da Schiavetti e Bartoli, i lavori in marmo della nuova pergola dai fratelli Pascetti e Antonio Miagoli. Le tre colonne scanalate che sostengono la cantoria, appartengono alla statio annona. Visitare in una sala al primo piano, i frammenti appartenenti ai vari secoli dei restauri e le iscrizioni trasportate quivi dal portico, fra le quali una in distici del secolo xvi per ricordare un fanciullo annegato mentre traversava il Tevere a nuoto.Sacrestia. - Mosaico della Vergine col bambino, eseguito nell'anno 705. Questo mosaico proviene dall'antica cappella di Giovanni VII in S. Pietro, che fu distratta nel 1632. Fu in quell'occasione che uno degli antichi mosaici che ne adornavano le pareti fu trasportato quivi. Il quadro dell'altare è del Maniardi, i laterali di Giuseppe Chiari genovese.