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Chiesa dei SS. Giovanni e Paolo

Chiesa dei SS. Giovanni e Paolo
Chiesa dei SS. Giovanni e Paolo

Piazza dei Santi Giovanni e Paolo, 13, 00184 Roma, Italia

Orario
Tutti i giorni dalle 8.30 alle 12.00 (la domenica fino alle 12.45) e dalle 15.30 alle 18.00
Orario Messe: Festivi:10.45-11.45
La chiesa non è visitabile durante le funzioni

Questa chiesa col monastero, che è nel medesimo monte Celio, fu edificata anticamente da s. Pamachio monaco nella casa dove abitarono li suddetti Santi. Fu ristaurata da molti Cardinali, e fra gli altri il Card. Niccolò Pelve vescovo di Sens, fece fare il coro con due altari isolati.

Il Card. Fabrizio Paolucci Tiene rifece tutta la chiesa, e le cappelle; e li PP. della Missione di monte Citorio al presente la posseggono per li santi Esercizj. l'architettura è d' Antonio Canavari: i quadri delle tre prime cappelle a man dritta sono di Aureliano Milani, e quello della quarta cappella è del Cav. Marco Benefiali. l'altar maggiore isolato è disegno di Francesco Ferrari, e nel fondo della tribuna sono tre quadri ad affresco: Quello di mezzo è di Giacomo Triga, quello a man manca del Piastrini, e quello a destra di Pietro Barbieri. I due Angioli sopra, fatti di stucco sono di Pietro Bracci. Nella volta della Tribuna il Cristo grande a sedere che dà la benedizione, con quantità d' Angeli, è opera a buon fresco lavorata da Niccolò Circiniano dalle Pomarance. Etrando nella navata sinistra il quadro con s. Vincenzo de' Paoli è di Simone Lekowitz Polacco, e l'Assunta nel secondo è del Torelli, e il s. Paolo, e il s. Giuseppe negli altri due sono del detto Milani. I due busti nel ricetto della sagrestia uno d' Innocenzio XII, e l'altro del Card. Paolucci sono del detto Bracci. Le trenta colonne di differenti marmi pellegrini sono da considerarsi; e fra queste signolari si reputano le due di marmo nericcio, che sostengono l'organo sopra la porta interna della chiesa.

SS. Giovanni e Paolo

È l' antichissimo titolo che sorge sulla sommità del Celio, a sinistra dell' antico clivo di Scauro. Nei secoli VI e VII era assai frequentato dai pii romei, e gli autori anonimi degli itinerarj dei cimiteri romani sono tutti unanimi nel ricordarsi i martiri Giovanni e Paolo riposanti in quella basilica. Negli atti dei due martiri si legge che essi furono uccisi nella persecuzione dell' Apostata e nascostamente sepolti nella loro casa paterna, la quale poi fu trasformata in chiesa; presso quelle sacre reliquie fu più tardi deposto un gruppo di altri santi, cioè Crispo, Crispiniano e Benda.

Se la compilazione di quegli atti non ci è pervenuta nella forma primitiva e genuina, ma è lavoro di tempo assai posteriori, tuttavia non si doveva con leggerezza rifiutare quanto essi riferivano sulle circostanze principali del martirio, sulla casa dei due santi, e sull' origine del titolo.

Come si è infatti accennato, fino dal secolo VI, per sincere testimonianze, risulta che si veneravano in quella basilica i corpi dei suddetti santi. Ora, poichè le grandi traslazioni dei corpi dei martiri dai cimiteri alle basiliche e chiese interne della città, non erano ancora in quell' epoca incominciate, e i sepolcri dei martiri rimanevano ancora chiusi nelle catacombe; egli è perciò a credere che veramente i nostri martiri nella loro basilica si ritrovassero per le cagioni surriferite dagli atti loro. Ecco le parole precise dell' itinerario Salisburgense: Intra urbem in monte Coelio sunt martyres Iohannes et Paulus in sua domo quae facta est ecclesia post eorum martyrium, et Crispinus et Crispinianus et s. Benedicta. Nell' itinerario Salisburgense si dice che i corpi dei predetti santi quiescunt in basilica mana et valde formosa.

Alla fine del secolo IV è da attribuire la trasformazione della chiesa e l' erezione del titolo per opera di Bisanzio e Pammachio suo figlio, onde fu detta titulus Pamachii o titulus Bizantis, ricordato in uno dei sinodi romani sotto il papa Simmaco. Ma il Panvinio accolse l' opinione che questo titolo appartenesse già alla chiesa di s. Sabina, il Bosio invece lo attribuisce a questo detto pure di Pammachio o dei ss. Giovanni e Paolo al Celio.

Nella chiesa si conserva, in due tavole di marmo affisse alle pareti in fondo alla nave destra, un antichissimo diploma pontificio di molta importanza anche per lo studio dell' agro romano, poichè vi è designato cogli antichi nomi un novero di fondi donati a quella basilica. Il diploma è diretto Deusdedit cardinali et Iohanni archipresbytero tituli ss. Iohannis et Pauli. In quel diploma sono nominati due personaggi, un Constantinus servus servorum Dei ed un Gregorio papa che confermò quella dote.

Prima dei restauri di Leone III, la chiesa fu rinnovata da Simmaco nel V secolo. Il papa Niccolò V l' affidò ai padri della congregazione del b. Colombini da Siena, detti i Gesuati, soppresso quell' ordine, fu da Clemente X affidata ai Domenicani ibernesi, i quali vi rimasero fino al pontificato di Innocenzo XII, e finalmente Clemente XI vi chiamò i pp. Pasionisti. La chiesa ha nell' ino perduto il suo tipo primitivo basilicale, ma nelle mura esterne, specialmente verso il lato della salita di Scauro, restano costruzioni del secolo IV, dell' epoca cioè dei ss. Giovanni e Paolo ed anche anteriori.

Nell' archivio vaticano ho trovato le seguenti notizie relative all' epoca in cui la possedeano i Gesuati:

"La chiesa è sostenuta da 21 colonne che in tre navi la dividono, e 2 altre colonne assai belle sostengono il coro modernamente fabricatovi dall' Illustrissimo Laus mentre era di questa chiesa titolare: il pavimento della nave di mezzo è in vari luoghi di maghi lavori intarsiato. L' altar maggiore tutto guarnito di marmo verde, ha sotto la confessione; di sopra il tabernacolo come anche altre chiese antiche sostenuto da 4 colonne. La tribuna è nella parte più bassa incrostata di tavole di marmo distinte con fregi di pietre di fini colori, et alquanto più sopra una cornice pur di marmo che gira tutto il semicircolo, e poco più sopra un ordine di colonnette che similmente va interno. La cavità della tribuna è oranata di figure moderne. Il resto della chiesa è tutto imbiancato, quella porta che è a mano dritta dell' altar grande vi fu da principio e per esservi la salita difficile papa Simmaco vi fece le scale. Nella nave principale sono incontro all' altro due altari di vaghe pietre e colonne ornati. Spatio di marmo chiuso per le cappelle de' cantori. Guglielmo Hencourt card. thodesco titolare di questa chiesa la restaurò come mostrano l' arme nella facciata della chiesa sotto quella di Adriano e finalmente Laus l' ha ridotta in quella forma che oggi si vede.

Il pavimento è del secolo XIII, d' opera cosmatesca; alla destra della nave principale si scorge una pietra che serve ad indicare il luogo ove, secondo la trad, furono trucidati i santi germani eponimi del luogo.

Dietro l' altare del sacramento, in fondo alla nave sinistra, il p. Germano poscia ha trovato sotto l'intonaco gli affreschi che adornavano le pareti, rappresentanti le imagini del Salvatore e degli apostoli e di altri santi: sono pitture del secolo XII.

Tutti conoscono le insigni scoperte fatte testè sotto quella basilica dal ch. p. Germano passionista. Egli ha ritrovato la casa stessa abitata dai ss. Giovanni e Paolo, e il luogo ove furono uccisi, con gli avanzi degli oratorî che nel medio evo vi furono costruiti. L'umile e dotto religioso ha restituito così a Roma cristiana una delle sue più insigni memorie che si credevano assolutamente perdute, ed insieme ha dimostrato che non sono leggenda, ma storia, la persecuzione di Giuliano e gli atti dei due martiri. La casa si trovò sotto il pavimento dell' attuale basilica, le cui camere, dall' ignoranza degli ultimi secoli, erano state ride a sepolture, e le pareti, già adorne di affreschi, ricoperte di calce.

Di questa preziosa abitazione, che fu teatro dell' eccidio dei proprietari l'anno 362, rimane soltanto nel pavimento della chiesa una lapide del secolo XVI, sulla quale si legge:

LOCUS MARTYRII SS. IOANNIS ET PAULI IN AEDIBUS PROPRIIS.

Era l' ultimo ricordo sopravvissuto all'abbandono di quella celeberrima casa di martiri. Posto dunque mano agli scavi, il ch. p. Germano ritrovò parecchie stanze adorne di affreschi del secolo quarto ove comparivano, con eccezione unica fin qui, figure ed imagini che si erano solamente vedute nei cimiteri romani, cioè la Orante, il Mosè, ecc. Era quello il Tablinum della casa: a poca distanza del medesimo, ad un piano superiore, si scoprì una piccola camera che si riconobbe per il locus martyrii. Il fondo di questa piccola camera era stato chiuso da un muro, nella cui parete era stata aperta la fenestella confessionis, e ai lati di quella parete sono dipinte due scene: l' una della cattura dei martiri, l' altra della esecuzione; ivi si vedono tre martiri inginocchiati e bendati intanto che gli apparitores stanno per troncare ai medesimi il capo. Sotto la finestrella si vede uno dei due martiri eponimi (l' altra imagine è perita); intorno al martire germogliano rose e palme, e due fedeli prostrati ai suoi piedi umilmente glie li baciano: è una scena d'adoratio. Il gruppo laterale rappresenta il supplizio dei santi Crispo, Crispino e Benda che furono uccisi dopo i santi Giovanni e Paolo come narrano i loro atti. Le camere che corrono sulla linea dell' edifizio che guarda il lato sinistro del Clivo di Scauro appartengono alla parte postìca della casa: anzi il p. Germano ha trovato che di quel lato rimane intera la facciata, coi suoi due piani e le finestre, che fu lasciata intera allorchè venne edificata la basilica.

Alcune di quelle camere furono lasciate ornate di pitture nel medio evo: fra quelle v' ha un gruppo d' imagini rappresentante il Salvatore fra gli angeli Michele e Gabriele e i ss. Giovanni e Paolo accompagnati dalle loro epigrafi. Recentemente vi si sono trovati anche affreschi ritraenti scene della vita del Salvatore, fra le quali primeggia quella della Passione. Il Crocifisso è vestito di colobio; sulle braccia della croce si vedono i busti di quattro angeli; ai piedi della medesima è il soldato che lo ferisce colla lancia; dalla ferita spicciano goccie di sangue, di cui è cosperso tutto lo spazio e cadono anche sul capo del soldato. Vi si vede la Vergine, Maria Salome e un altro soldato: in basso a destra si vedono i busti di tre soldati che gettano le sorti sulla tunica del Salvatore, ivi si legge l' epigrafe: SVPER BESTEM MEA MISERVNT SORTE. È la più completa scena di questo genere fin qui scoperta e anteriore, a mio credere, al mille.

Poi sono venute in luce anche le stovaglie domestiche usate dai santi ed alcune anfore vinarie contrassegnate col monogramma di Cristo secondo l' uso dei fedeli del secolo quarto. Una delle stanze presenta decorazioni anteriori alla conversione dei due proprietarj, o almeno dell' epoca in cui ledco appartenne a possessori pagani: ciò dimostrasi dallo stile di qualche musaico rappresentante una danza di eroti.

Dopo le grandi memorie trovate in questo scorcio di secolo nella Roma sotterranea, le scoperte del p. Germano tengono naturalmente il primo luogo, e Roma cristiana deve esser grata all' illustre religioso per l' importante riacquisto ch' egli ha fatto d' uno dei suoi più celebri santuari.