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Chiesa di Santa Sabina

Chiesa di Santa Sabina
Chiesa di Santa Sabina

Piazza Pietro D'Illiria, 1, Roma, Italia

Orario

Domenica 16.00 - 18.30

Lunedì 15.00 - 18.30

Da Martedì a Sabato 08.30 - 18.30

Orario Messe: Festivi: ore 11.00

Sull'Aventino.
Fu edificata nel 425 dal cardinale prete Pietro da Illiria sotto il pontificato di Celestino I e terminata nel 432 dal papa Sisto III che la consacrò. Si vuole che nel luogo ove essa è, fossero le case della santa, vicine a un tempio di Diana. Gregorio I (590 - 604) vi istituì la stazione per il primo giorno di Quaresima e a questa stazione vi si recavano molti cavalieri e molti popolani partendosi da S. Anastasia dove era stata fatta la colletta. Lo stesso pontefice recitò diverse delle sue omelie in questa chiesa. Nell'824 fu restaurata da Eugenio III e nel 1216 da Onorio III (Savelli). Questo papa anzi volendo trasportare la sede pontificia sull'Aventino, ingrandì il palazzo, lo fece cingere di mura turrite e merlate le quali ancora si conservano, e lo abitò diverso tempo. Più tardi ne cedette una parte a S. Domenico, il quale era venuto a Roma con l'incarico di riordinare le regole dei monasteri femminili e specialmente quello di S. Maria in Trastevere e quello delle monache di S. Cesario. Il santo abitò diverso tempo quel palazzo, che rimase in seguito ai frati della sua regola i quali lo ritengono tuttora. Nel 1238 Gregorio IX restaurò la chiesa e nel 1285 Onorio IV, anch'egli Savelli, volendo imitare il suo congiunto venne ad abitare il palazzo contiguo, dove morì. I cardinali allora vi si radunarono in conclave: conclave che fu uno dei più lunghi e dei più fortunosi già che durò circa un anno e fu dovuto interrompere durante l'estate perchè tutti i cardinali, meno uno, caddero malati di febbri malariche. Vi ritornarono in inverno, e il 18 gennaio del 1288 elessero finalmente il successore di Onorio, nella persona di Nicola IV. Un altro restauro vi fece fare il cardinale Giulio Cesarini nel 1441, e finalmente Sisto V (Peretti) la ridusse nello stato attuale l'anno 1587. L'ultimo restauro fu ordinato nel 1860 da Pio IX.Portico. - Questo portico era anticamente adorno con le colonnine di pavonazzetto che sono attualmente nel museo Chiaraonti al Vaticano. Alle due estremità due statue di stucco, di anonimo del secolo xviii: La deposizione e La Madonna. Sulle pareti: frammento di amboni e di colonne del secolo v-viii e ix. Le porte di legno di cipresso appartengno alla prima metà del secolo v e sono una delle rare opere di scultura bizantina di quel tempo. Esse sono formate da 28 riquadri di cui 16 più piccoli e 12 più grandi. In questi riquadri è esposto come un parallelo tra il nuovo e il vecchio testamento. Nel riquadro in alto, a sinistra è una Crocefissione: la più antica immagine del divino supplizio che si riscontri nella storia dell'arte e la prima volta che essa sia espressa graficamente, se bene taluni diano la precedenza al calice del «South Kensington» di Londra.
Interno. - È a tre navate, divise da colonne tolte a edifici pagani, col soffitto a travature scoperte. Navata di destra: Pietra sepolcrale di Santa Sabina. - Tomba del cardinale Alessandro de' Bicchi, primate di Sabina (1657). - Altare. Pietra tombale di Bartolomeo Odescalchi (1566). - 1. Cappella, sull'altare: quadro a olio di Lavinia Fontana, sulla parete di destra: Canonizzazione di S. Giacinto di Federico Zucari; su quella di sinistra: Vestizione del Santo di Taddeo Zuccari. Altare: S. Domenico e la Madonna di anonimo del secolo xvii. - Sepolcro di Michele Arcangelo Manni (1671). - Monumento funebre del cardinale Valentino Ausi da Poggio del Montereale (1485) opera di Andrea Bregno (?). Ha questa iscrizione: Ut moriens viveret, vixit ut moriturus (Visse come uno che sta per morire, per rivivere dopo esser morto). - 2. Cappella: (in fondo all'abside) Madonna del Rosario del Sassoferrato, che venne rubata nell'agosto del 1901. - Pietra tombale del vescovo Ugone (1455).
Navata centrale. - Sulla parete soprastante alla porta: musaico del secolo v con due immagini muliebri, la chiesa cattolica sorta dalla chiesa ebraica (ex circumcisis) e la chiesa cattolica sorta dai gentili (ex gentibus). Fra le due questi versi:
Culmen apostolicus cum Cælestinus haberet
Primus, et in toto fulgeret episcopus orbe,
Haec quae miraris fundavit presbyter urbis
Illirica de gente Petrus, vir nomine tanto,
Dignus, ab exortu Christi nutritus in aula:
Pauperibus locuples, sibi pauper, qui bona vitae.
Praesentis fugiens, meruit sperare, futurum.
(Mentre Celestino I teneva il seggio apostolico e in tutto il mondo il vescovo rifulgea, queste cose che tu ammiri, furono costruite da Pietro, prete della città, di razza illirica e uomo degno di tanto nome, cresciuto fin dalla nascita nella casa di Gesù Cristo. Ricco con i poveri fu povero con se stesso: e avendo sdegnato i beni della vita presente, meritò di sperare la futura).
Sulle pareti laterali: decorazioni in porfido e serpentino del secolo v. - Per terra: pietre tombali del vescovo Egidio di Varersparch (1312), di donna Stefania, badessa (1313), di Ocilenda de' Manganelli (secolo xiv) e di Perna Savelli (1315). - Colonnetta scanalata con sopra una pietra di marmo nero, antico peso di stadera romana, che la leggenda vuole fosse scagliato dal Diavolo su S. Domenico in preghiera. - Nel centro della navata, sul pavimento: tomba del monaco Muñoz de Zamora, generale dei domenicani nel 1300. Il musaico è opera di Jacopo Torritta - Sull'altar maggiore: il martirio di Santa Sabina del Silvagni. - Nell'abside: affreschi della scuola di Federico Zuccari.
Navata a sinistra: sulle pareti: frammenti di plutei e di amboni del secolo ix, meno il pluteo a riquadri che è dell'viii. - Per terra: pietra tombale di un vescovo del secolo xiv. - Sepolcro del cardinale Arcangelo de' Bianchi (secolo xvii). - Sepolcri di Pietro Passerini (1667) e del cardinale Filippo Spinola (1593). - 1. Cappella. Appartiene alla famiglia toscana Elci e fu eretta con architettura di G. B. Contini. Sull'altare: quadro a olio del Morandi. Nella cupola: affreschi dell'Odazi; sepolcri del vescovo Orazio Cianti (1667) e di Giuseppe Cianti (1670); tomba del conte di Steinlen Saalstein (1867); sepolcro del cardinale Pietro Betani di Modena (1558).
Giardino. - Nel giardino contiguo alla chiesa si mostra ancora un albero d'arancio piantato da S. Domenico. I frati fanno coi piccoli frutti dell'albero, corone e oggetti di devozione.
Convento. - Nel convento si conserva la camera di S. Domenico che Clemente IX (Rospigliosi) trasformò in cappella nel 1668 con architettura del Borromini. E le stanze abitate da S. Pio V, decorate con stucchi del Rusconi e pitture del Marliani. Il resto del convento, col chiostro del secolo xiii è ora trasformato ad uso di lazzaretto nelle epidemie.

Diego Angeli

Santa Sabina

Questa insigne chiesa può dirsi, dopo l' antichissima di s. Prisca, la più celebre dell' Aventino.
La fronte principale dell' edificio rimane nascosta e addossata all' antico chiostro annesso; sorgeva sul margine di un' antica via che metteva alle radici del colle sulla riva del fiume a alla porta Trigemina. Le sue origini risalgono ai primi decennî del secolo quinto, e di quell' epoca restano ancora insigni monumenti.
Venne innalzata adunque sotto il pontificato di Celestino I, circa l' anno 425, e fu compiuta sotto Sisto III otto anni dopo, cioè nel 432. Fu restaurata da Leone III (795-816), e da Gregorio II (824-27). Della fondazione della chiesa resta ancora sulla parete di fondo della medesima la monumentale epigrafe scritta in musaico, che ricorda il nome di un prete titolare, di nome Pietro e di nazione schiavone, che fu il generoso fondatore della chiesa suddetta:
CVLMEN APOSTOLICVM CVM COELESTINVS HABERET
PRIMUS ET IN TOTO FVLGERET EPISCOPVS ORBE
HAEC QVAE MIRARIS FVNDAVIT PRESBYTER VRBIS
ILLYRICA DE GENTE PETRVS VIR NOMINE TANTO
DIGNVS AD EXORTV CHRISTI NVTRITVS IN AVLA
PAVPERIBVS LOCVPLES SIBI PAVPER QVI BONA VITAE
PRAESENTIS FVGIENS MERVIT SPERARE FVTVRAM
Apprndiamo da quest' epigramma che Pietro illirico impiegò le sue ricchezze a costruire ed ornare quella basilica, essendo papa Celestino. Questo Pietro era morto quando fu posto quell' epigramma, come lo attesta l' elogio, nel quale si parla di lui come di chi ha meritato la vita eterna:
. . . . . QVI BONA VITAE
PRAESENTIS FVGIENS MERVIT SPERARE FVTVRAM
Alle due estremità di questo carme scritto in musaico sono rappresentate due nobili e dignitose donne vestite di stola matronale, reggenti un libro aperto: sulla prima il Ciampini vide l' imagine di Pietro, cui la mano divina porgeva il libro della legge; sopra la seconda era Paolo in atto di predicare.
Esse personificano: l' una, la Chiesa uscita dalla Sinagoga; l' altra, la Chiesa uscita dalle Genti. Sotto l' una si legge l' epigrafe: ECCLESIA EX CIRCVMCISIONE, e sotto l' altra: ECCLESIA EX GENTIBVS.
Nel sommo della parete sotto il tetto vi erano i simboli degli evangelisti, ma tutto ciò è perduto. Le pareti della basilica erano ricoperte di opus sectile marmoreum, ciò di commesso di musaici e marmi. Nel 1683 ancora se ne vedeano gli avanzi, compresi quelli dell' arco della tribuna.
Gli ultimi danni a questa chiesa furono fatti in età vicina alla nostra. A questo proposito, in un documento del principio del secolo, cioè del 14 novembre 1803, intitolato Pro memoria per S. E. R. il sig. card. segr. di Stato, leggo quanto segue:
"Arriva a notizia del Commissario delle antichità che il p. Vicario Generale dei Domenicani abbia venduto allo scarpellino Blasi dimorante incontro alla Consolazione, le tavole grandi e grosse di porfido che formano l' altar maggiore in s. Sabina, e di più una gran tavola simile con iscrizione spettante ad una famiglia particolare posta in terra nel mezzo della chiesa avanti al detto altare, e che a momenti stiano per portarle via, seppure già non hanno cominciato.
"Il commissario delle antichità ne previene subito L' E. V. affinchè ecc."
Il lavoro che a Sisto III può appartenere si è il musaico dell' arco maggiore e quello della parete a ridosso della porta d' ingresso, esprimente un portico con quattro archi fregiati di stelle, e nei petti loro due delle protome dei quattro animali evangelici: rimane tuttavia a sinistra la man celeste sporgente dalle nuvole con un libro, che è certamente quello degli Evangeli.
La mano col libro è la prima ed unica volta che si vede figurata indipendentemente, per significare l' origine divina degli Evangeli, come già l' antica legge data a Mosè sull' Orb. I due apostoli, che sembrano qui stare fuori di luogo, possono essere stati messi a disegno sui pilastri, come due colonne della chiesa: essi difatti sono atteggiati in modo da predicare il Vangelo. Il musaico dell' arco maggiore oggi manca, e vi può supplire un disegno dato alla stampa dal Ciampini, dove figurano sedici busti dipinti: nel centro della volta è Cristo, indi a destra e a sinistra gli apostoli, probabilmente coi due discepoli Marco e Luca. Il Signore, come tutti gli altri, è barbato e cinge il nimbo ombreggiato dalla croce. Non ci è noto chi abbia dato compimento ai musaici di s. Sabina, apponendovi l' epigrafe che tuttavia si legge colle iscrizioni delle due chiese, e della quale già parlammo. Un altro insigne monumento della basilica sono le sue porte lignee ornate di bassirilievi ritraenti molte scene del vecchio e nuovo testamento, non esclusa quella della Crocifissione. Quelle porte, l' unico monumento di tal genere esistente in Roma che appartenga all' arte cristiana primitiva, sono contemporanee all' edificazione della basilica.
Il Libro pontificale narra in Sisto III che il privilegio che avea la basilica vaticana, oltre la lateranense, di possedere una fonte battesimale, fu dal papa esteso anche alla nostra di s. Sabina; fecit etiam in ecclesia s. Sabinae fontem ad baptisterium. Presso questa chiesa medesima, nella annessa abitazione, il papa Silverio si rinchiuse allorchè fu calunniato e minacciato da Belisario durante la guerra gotica. Più tardi s. Gregorio il Grande, durante la famosa pestilenza che afflisse la città di Roma, vi convocò i fedeli e vi costituì la celebre litania detta settiforme.
Il gran papa Onorio III l' anno 1216 trasformò e fortificornato l' antica dimora pontificia, circondandola di alte torri e grandiose mura merlate, delle quali ancora restano sull' Aventino grandiosi avanzi, e vi fece residenza; quivi confermò l' ordine di s. Domenico, al quale poi concedette quella chiesa coll' annesso convento e fortilizio. Anche Onorio IV vi dimorò e, lui morto, qui, per l' elezione del successore si raccolse il conclave che fu, per la durata e la circostanza, straordinario; perchè, entrati i cardinali nel conclave il venerdì santo, vi rimasero fino alla festa della cattedra di s. Pietro ai 18 gennaio dell' anno seguente; ma, colpiti dalla malaria, caddero alla fine tutti infermi, cosicchè furono obbligati a ritirarsi di là, rimanendovi un solo cardinale. L' inverno, però, ritornarono di nuovo nel luogo medesimo, ed ivi elessero alla fine il papa Niccolò IV.
Ma sopratutto ha illustrato questa chiesa ed il vicino monastero il patriarca s. Domenico, che vi dimorò lungo tempo e vi operò fatti prodigiosi. È a ricordare infatti che s. Domenico, giunto a Roma, prese stanza sulla via Appia presso l' antico titolo di Tigride, poi s. Sisto, dove pure resta in piedi un' ala di quel monastero, ridotto oggi sventuratamente ad uso profano. Ivi dimorò, finchè Onorio III gli concesse una parte del suo pontificio palazzo sull' Aventino, onde con più agio potesse attendere al santo suo mandato ed a quello speciale ordinatogli dal papa di ritornar alla prima disciplina decaduta i monasteri femminilil di Roma, specialmente quelli di s. Maria in Trastevere e l' altro delle monache côrse presso s. Sisto.
Eugenio III e Gregorio IX restaurarono nobilmente la nostra basilica, e s. Gregorio Magno non solo vi stabilì la celeberrima processione (litania), ma la elesse per la stazione del primo giorno di quaresima; onde il papa vi soleva in questo giorno intervenire, presiedere all funzione e parlare al popolo, dopo che era stata fatta la colletta alla chiesa di s. Anastasio.
La chiesa ha due ingressi: l' uno, laterale, preceduto da un portichetto, che era sostenuto da quelle preziose colonne di verde antico che si ammirano oggi nel museo Chiaramonti; l' altro, nel prospetto della chiesa, dove si ammirano le celebri porte di che parlammo, rinchiuso dentro il monastero. L' interno è diviso in tre navi e le pareti della nave di mezzo, sulla trabeazione, presentano ornamenti di porfidi e serpentini di uno wpl lavoro di commesso, del quale erano tutte quelle pareti anticamente adorne. La nave di mezzo è sostenuta da ventiquattro colonne di marmo pario con basi e capitelli corinzî. Dai muri della chiesa sono spesso venuti in luce mattoni della fornace cristiana del secolo IV, della nota fabbrica claudiana col nome di Cristo. La tribuna, dopo che il musaico venne distrutto, fu messa a colori dagli scolari dello Zuccari. L' altare e il presbiterio erano, fino al secolo XVII, cinti con tavole di marmo, sopra le quali erano sei colonne che sosteneano un fregio albo di pietra, et avanti igradi onde si sale all' altare papale vi era un cancellato di metallo con lettere che dicono EVGENIVS PAPA SECVNDVS, le quali cose dando impedimento alla cappella papale sono state levate ora.
Nel pavimento della nave di mezzo vhn musaico rappresentante frate Munio da Zamora, ottavo generale dell' ordine dei predicatori, morto nel 1300 sotto il pontificato di Bonifacio VIII. Il vestibolo del portico principale era ornato di otto colonne, quattro di marmo frigio e quattro di granito, ed ivi erano tre porte che mettevano alle tre navi della chiesa: non resta adesso che la porta maggiore, i cui stipiti sono anche adorni di mirabili lavori. Annesso alla chiesa è il convento, ove si ammira l' antico chiostro sorretto ed ornato da centotre colonnine, e dove restano ancora le memorie di s. Domenico, cioè la camera nella quale egli ebbe dimora, che Clemente IX, con architettura del Borromini, e forse con poco felice idea, trasformò in cappella.
Nel monastero v' era una insigne biblioteca, che in un incendio andò distrutta.
Nel pavimento si leggevano molte iscrizioni sepolcrali dei secoli XIII e XIV; il Martinelli cita le seguenti:
ANNO DOM. MCCCXIII DIE XXII IANVARII HIC REQVIESCIT
SANC. MEM. DOMINA STEPHANIA DE INSVLA GENERALIS
HOSPITA ORDINIS PREDICATORVM AN. XLIII
REQ. IN PACE
presso alla quale si leggeva:
† ANNO DOM. MCCCXIII DIE XVII MENSIS IVNII OBIIT
NOBILIS ARMIGER GOXO DE HVSBERCEN
DE TEVTONIA CVIVS ANIMA REQ. IN PACE AMEN
Il codice di Torino annovera la nostra chiesa nella seconda partita e scrive: Ecclesia sancte Sabine titulus presbyteri cardinalis habet fratres predicatores XXX. Nella festa dei turiboli le competevano due soldi di presbiterio.

Armellini